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Centralina d’allarme

La centrale d’allarme è il cervello del nostro sistema di sicurezza, il suo compito è quello di ricevere ed elaborare i segnali provenienti dai sensori, di decidere, in base allo stato dell’impianto, se attivare o meno i dispositivi di segnalazione, di supervisionare lo stato dei componenti del sistema e di segnalare eventuali anomalie, come ad esempio l’assenza rete o il livello basso della batteria tampone. Le tipologie di centrale variano a seconda del costruttore e del tipo di installazione per cui sono state pensate, alcune delle caratteristiche più comuni che differenziano i vari tagli sono:

  • Il numero di zone (sensori d’allarme);
  • numero di tastiere supportate;
  • numero di aree in cui un impianto può essere suddiviso;
  • numero di utenti programmabili.

Il software per la gestione dell’impianto è installato sulla centralina ed è composto da due parti, una dedicata al tecnico e una all’utente.

Menu tecnico

Il menu tecnico consente all’installatore di programmare tutti i parametri del sistema, ad esempio il tipo di zona, gli utenti e i loro livelli di autorità, numero di parzializzazioni ecc., in fase di manutenzione offre una serie di strumenti di verifica: stato zone, livelli di tensione, test degli attuatori e altro. L’accesso a questo menu si ottiene attraverso la digitazione del codice tecnico su una tastiera precedentemente abilitata dall’utente. Il codice tecnico è ad uso esclusivo dell’azienda che fa manutenzione, l’utente può comunque richiederlo, firmando una liberatoria che sollevi l’azienda da eventuali problemi derivanti da un uso improprio di tale codice.

Menu utente

Il menu utente consente all’utilizzatore finale di interfacciarsi col sistema di sicurezza, una volta digitato il codice sull’apposita tastiera si avrà accesso ad un menu che, a seconda del livello di autorità assegnato in fase di programmazione, consentirà di eseguire svariate funzioni, come l’accensione del sistema o di una sua parzializzazione, l’esclusione di una zona, la consultazione della memoria eventi, la modifica del proprio codice ed altro.

Allarme senza fili

I sistemi di protezione via radio vengono preferiti in tutte quelle situazioni dove, per ragioni estetiche o per vincoli architettonici, non è possibile passare dei cavi. Va premesso che nessun sistema via radio, per quanto innovativo e dai contenuti altamente tecnologici, può offrire lo stesso grado di protezione di un sistema filare. Detto questo è altrettanto vero che utilizzando dei buoni prodotti, di fascia alta e sapientemente installati si riesce a raggiungere un ottimo livello prestazionale.

La poca affidabilità dei sistemi di sicurezza wireless è da imputare ad alcuni fattori essenziali:

  • Natura del mezzo trasmissivo: nei sistemi di sicurezza wireless le informazioni tra la centrale e i sensori vengono inviate tramite l’etere e possono essere intercettate e disturbate con l’ausilio di semplici strumenti.
  • Bande di frequenza: le centrali via radio trasmettono sulle frequenze di 433 e 868 MHz, tali frequenze, come vedremo di seguito, sono liberamente utilizzabili da chiunque decida di immettere sul mercato dei prodotti che utilizzano la comunicazione radio. In particolari condizioni, specialmente in presenza di prodotti non conformi, queste frequenze potrebbero risultare sature e quindi non disponibili per la trasmissione, questo potrebbe provocare la mancata segnalazione di un’allarme reale o l’attivazione della segnalazione di manomissione sulla centrale.
  • Bassa qualità dei prodotti: oggi, anche nel campo dei sistemi di sicurezza, stiamo assistendo ad una diffusione massiccia di sistemi di sicurezza entry level che costano quattro soldi e che vengono rifilati al cliente, a caro prezzo, come se fossero il non plus ultra dei sistemi radio.

In forza a quanto detto allego alcuni stralci di un articolo dell’ARPA preso da internet;

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Il Piano nazionale di ripartizione delle frequenze considera anche le cosiddette “bande non licenziate” a uso collettivo. Si tratta delle bande di frequenze utilizzate per alcuni apparecchi quali, ad esempio, i radiocomandi e gli allarmi. Per questo tipo di bande non è possibile pretendere la “protezione” da interferenze provenienti da apparecchiature di utenti operanti nello stesso intervallo di frequenze. Gli accertamenti sulle segnalazioni d’interferenze, effettuati dall’Ispettorato del ministero per lo Sviluppo economico e le comunicazioni, mostrano carenze di informazioni corrette e in alcuni casi la commercializzazione di prodotti non a norma.

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Sono di libero uso ad. es. radiocomandi, allarmi su frequenze 433 e 868-9 MHz e varie applicazioni audio. In generale i sistemi che impiegano bande di frequenza di tipo collettivo (non licenziate) non possono pretendere la “protezione” da interferenze provenienti da apparecchiature di utenti operanti nelle stesse bande. Le norme tecniche a cui devono fare riferimento le apparecchiature in Europa prevedono per le bande a uso collettivo particolari modalità operative e potenze assai limitate, anche allo scopo di consentirne l’uso contemporaneo da parte di vari utilizzatori. Questi vincoli sono imposti alle apparecchiature, generalmente costruite per il mercato mondiale, mediante interventi sul software di bordo, a cura dell’importatore nel mercato europeo. Nel caso ciò non dovesse avvenire si creerebbero le condizioni per possibili interferenze.

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Molto più evidenti agli utilizzatori e apparentemente preoccupanti risultano le interferenze che si verificano sui radiocomandi in genere, operanti nella banda particolarmente “affollata” dei 433 MHz: radiocomandi per auto, cancelli, porte e garage, tapparelle elettriche, estensori di telecomandi TV (in particolare legati a Sky), antifurti senza fili ecc.

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È evidente, nella modalità di richiesta di risoluzione delle presunte interferenze, la mancanza di informazione sull’uso di apparati che non hanno “diritto alla protezione”; gli installatori (in particolare di costosi antifurti) spesso non informano i clienti e tendono a non farsi carico di eventuali successivi problemi interferenziali.

Protezione perimetrale

Fin dai tempi più remoti l’uomo ha sempre sentito la necessità di delimitare e proteggere il proprio perimetro. In passato questo avveniva tramite la realizzazione di barriere fisiche (alte mura  di cinta, fossati ecc…), che avevano lo scopo di tenere fuori gli intrusi e di garantire la sicurezza di chi viveva all’interno. Oggi, pur non potendo più scavare dei fossati o erigere delle mura, possiamo comunque tutelarci, attraverso l’installazione di sensori d’allarme “specializzati”, atti a proteggere il perimetro del sito. L’installazione di un sistema di sicurezza perimetrale ha un duplice vantaggio, infatti non solo protegge i nostri beni quando ci troviamo fuori casa, ma, cosa più importante, protegge noi e i nostri cari quando ci troviamo all’interno dell’abitazione. E’ possibile realizzare  due tipi di protezione perimetrale: una interna, che protegge i punti d’accesso all’abitazione (porte, finestre, basculanti ecc..), e una esterna, che protegge il perimetro esterno (recinzione, giardino, terrazzo). 

Un buon sistema di sicurezza deve creare più livelli di protezione, per questo motivo, anche in presenza di un buon impianto di protezione perimetrale, è sempre consigliabile l’installazione di qualche volumetrico interno.

Protezione perimetrale esterna

La protezione perimetrale esterna  viene realizzata mediante l’installazione di sensori d’allarme a protezione della recinzione  o della proprietà subito all’interno di questa, con lo scopo di creare un primo baluardo difensivo contro gli accessi indesiderati. I sistemi di protezione passiva, come ad esempio le recinzioni, sono facilmente eludibili e non sempre di facile realizzazione (luoghi con vincoli architettonici, paesaggistici, ambientali), con questo non voglio dire che le protezioni passive sono inutili, ma aumenterebbero di gran lunga la loro efficacia se abbinate ad un sistema di sicurezza elettronico, che riveli e segnali i tentativi di intrusione o sabotaggio.

Protezione recinzioni

I metodi più comunemente utilizzati per la protezione delle recinzioni sono:

  • Fibra ottica: Si tratta di uno o più cavi in fibra fissati alla recinzione lungo tutto il suo perimetro, entrambe le estremità del cavo sono attestate su una centralina, che da un lato emette degli impulsi luminosi e dall’altro li analizza. I tentativi di effrazione mediante il  taglio o lo scavalcamento della recinzione modificano il segnale luminoso e generano allarme. Grazie ad una accurata analisi del segnale la centralina riesce a distinguere un attacco da un evento atmosferico. I vantaggi offerti da un sistema di rivelazione in fibra sono: l’ accuratezza della rilevazione, la possibilità di raggiungere distanze considerevoli senza la necessità di alimentazioni intermedie, la completa immunità alle interferenze elettromagnetiche ed ai fenomeni atmosferici. La fibra viene indicata anche per la protezione di siti con atmosfere corrosive, infiammabili e/o sottoposti a temperature estreme.
  • Cavo microfonico: Si tratta di un particolare cavo microfonico messo in “intimo” contatto con la recinzione da proteggere. Questo cavo raccoglie le vibrazioni della struttura e, grazie ad un effetto piezoelettico, le trasforma in segnali elettrici che vengono inviati ed elaborati da una centralina. Dall’analisi del segnale è possibile distinguere un tentativo di intrusione da un evento atmosferico.
  • Sensore piezodinamico: Si tratta di un particolare tipo di trasduttore che trasforma autonomamente le vibrazioni in impulsi elettrici, grazie a questa caratteristica il sensore non richiede alimentazione ed essendo totalmente privo di componenti elettronici attivi risulta immune a qualsiasi tipo di guasto elettrico. I sensori devono essere applicati direttamente sulle maglie metalliche della recinzione e rilevano l’arrampicamento il taglio e lo sfondamento. I segnali sono elaborati da schede elettroniche che producono comunicazioni di preallarme, allarme e manomissione.

Protezione volumetrica

La protezione volumetrica ha lo scopo di rilevare la presenza di un intruso all’interno di un area (stanza, capannone , ufficio…), essa viene realizzata attraverso l’impiego di sensori detti appunto volumetrici che basano il loro funzionamento sul monitoraggio di determinate grandezze fisiche. A seconda della grandezza fisica monitorata i sensori si dividono in: microonde, infrarossi, doppia tecnologia.

Rivelatore volumetrico infrarosso

L’infrarosso è un particolare tipo di radiazione elettromagnetica invisibile ad occhio nudo ed emessa da qualsiasi corpo che abbia una temperatura diversa dallo zero assoluto (praticamente qualsiasi corpo reale). Il dispositivo elettronico in grado di rilevare la radiazione infrarossa si chiama PIR (Passive Infrared Sensor) o piroelettrico, esso è costituito da un materiale cristallino che – quando esposto al calore sotto forma di radiazione infrarossa – genera una carica elettrica superficiale. Quando la quantità di radiazione che colpisce il cristallo cambia, cambia anche la quantità di carica che può essere misurata. La tensione di uscita è funzione della quantità di radiazione infrarosso rilevata all’ingresso. Sfortunatamente, l’uscita è influenzata anche da vibrazioni, interferenze radio e luce solare.

Funzionamento

Il rivelatore volumetrico infrarosso non offre un elevato grado di sicurezza, ma il suo rapporto qualità/prezzo lo rende ideale per applicazioni in bassa sicurezza. Esso è costituito da una lente di Fresnel, che ha il compito di suddividere l’area di rilevazione in fasci e di convogliare la radiazione infrarossa, presente nel suo angolo di visuale (l’angolo varia a seconda del tipo di lente utilizzata), sul  sensore piroelettrico. L’elettronica a bordo del rivelatore ha il compito di analizzare il segnale e stabilire se si è in presenza di un allarme o di un disturbo. A seconda di come viene trattato il segnale proveniente dal PIR possiamo distinguere due tipi di rivelatori: quello analogico, meno immune ai falsi allarmi e meno costoso, e quello digitale. Nel rivelatore volumetrico infrarosso digitale il segnale  restituito dal PIR viene convertito   in digitale e  confrontato con degli altri valori presenti nella libreria di un microprocessore. All’interno di questa libreria vengono memorizzati sia i valori relativi alla radiazione infrarossa prodotta  dal passaggio di un essere umano, sia quelli relativi  alla radiazione infrarossa prodotta  da elementi di disturbo, quali correnti d’aria calda o campi elettromagnetici, in questo modo si da al sensore la possibilità di discriminare un allarme reale da un disturbo. E’ ovvio che più i componenti sono di buona qualità, più i valori  presenti nelle librerie sono accurati, più il sensore è in grado di discriminare i falsi allarmi e più il costo del componente lievita.

Comunicatore digitale

Il comunicatore digitale è un dispositivo che consente di interfacciare una centrale d’allarme generica, con l’apparato ricevente di una centrale operativa all’interno di un istituto di vigilanza, questo è reso possibile grazie all’utilizzo di protocolli di trasmissione standard di cui il più utilizzato è  l’ADEMCO CONTACT-ID.

Funzionamento:

A seguito di un allarme il comunicatore digitale genera una stringa di dati, che viene inviata, in formato DTMF ( Dual Tone Multy Frequency), al numero telefonico dell’apparato ricevente; quest’ultimo analizza il pacchetto ricevuto ed invia al monitor dell’operatore i dati relativi al cliente e alla tipologia d’allarme in corso. I segnali DTMF possono essere inviati su linea PSTN, GSM o tramite onde radio. Anche in assenza di allarmi i due apparati, ricevente e trasmittente, si scambiano dei segnali di sopravvivenza, nel caso di mancata risposta viene generato un allarme di fallita comunicazione.

ADEMCO CONTACT-ID:

Una stringa inviata da un comunicatore digitale, in formato DTMF e protocollo ADEMCO CONTACT-ID, avrà il seguente formato:

ACCT MT QXYZ GG CCC S

Dove:

ACCT sono le quattro cifre che individuano l’apparato trasmittente

MT    indica il tipo di messaggio

Q      indica il tipo di evento ossia se si tratta di un nuovo allarme o di un ripristino

XYZ  indica il codice dell’evento

GG   indica la partizione

CCC  indica il numero di zona

S      indica il checksum

Ad esempio se la centralina del cliente 0023 rileva un allarme di tipo volumetrico sulla zona 20 della partizione 2 la stringa sarà cosi composta:

0023 18 1132 02 020 8 

Dove:

0023 indica l’apparato trasmittente e quindi i dati del cliente

18     messaggio tipo Contact ID

1       nuovo evento

132   allarme volumetrico

02    partizione

020  numero di zona

8      cheksum

Esistono tanti codici quanti sono gli eventi che possono verificarsi in un sistema d’allarme di seguito riporto una lista dei più utilizzati:

100 Allarme panico
110 Allarme incendio
121 Allarme aggressione
131 Allarme perimetrale
132 Allarme volumetrico
301 Mancanza tensione di rete
302 Batteria scarica
401 Inserimento / Disinserimento
570 Zona disabilitata

Ademco 4+1

Questo protocollo è stato sviluppato per venire in contro alle esigenze delle centrali meno evolute, in questo caso vengono trasmesse solamente 5 cifre di cui le prime 4 indicano l’apparato trasmittente e l’ultima il tipo d’evento secondo la seguente tabella:

1 Allarme incendio o gas o panico
2 Allarme aggressione
3 Tamper
4 Disinserimento
5 Inserimento
6 Mancanza alimentazione
7 Batteria scarica
8 Ripristino default

Combinatore telefonico

CTS400 Sicurit

Il combinatore telefonico fa parte dei dispositivi di segnalazione, il suo compito è quello di comunicare all’utente e/o alle forze dell’ordine, mediante l’invio di chiamate vocali e/o sms, una condizione d’allarme o di avaria. A seconda del tipo di linea telefonica utilizzata il combinatore può essere:

  • Analogico: utilizza la tradizionale linea telefonica commutata (PSTN), molto usato in passato è stato via via messo da parte in favore dei combinatori gsm. Lo svantaggio di questa tipologia di combinatore sta nel fatto che il doppino utilizzato per la trasmissione è accessibile da punti esterni all’abitazione, ad esempio la colonna montante condominiale o l’armadio di permutazione, e per questo motivo di facile neutralizzazione.
  • Gsm: utilizza una sim card come quella per i telefonini. Questa tipologia di combinatore offre molti vantaggi, per esempio non ha il problema del “taglio” del doppino (anche se in realtà esistono degli strumenti, Jammer, in grado di alterare il segnale GSM in un raggio di 30/50 metri) e può essere installato anche in luoghi dove non è presente la linea telefonica. Di contro, a meno che non si scelga di utilizzare una sim a contratto, necessita di più attenzioni da parte dell’utente che deve fare delle verifiche periodiche del credito e dello stato della sim. 
  • Duale: utilizza entrambe le tipologie di linea e ne prende pregi e difetti. Il vantaggio di questa tipologia di combinatore è che in caso di avaria di uno dei due canali può sempre contare sull’altro.

Sirena allarme

La sirena è il dispositivo di segnalazione per eccellenza, il suo compito è quello  di segnalare, attraverso l’emissione di suono e luce, la presenza di un intruso, inoltre, essendo visibile dall’esterno, ha anche un notevole effetto deterrente. La sirena è uno dei primi punti che viene attaccato dai malviventi, una pratica comune è quella di “schiumarla”, per questo motivo è sempre consigliabile l’installazione di più sirene collocate in posizioni difficilmente raggiungibili e ben visibili dalla strada. Il lampeggiante a bordo della sirena svolge una funzione di rilievo poiché consente di individuare visivamente la proprietà sotto attacco. Quella che non deve assolutamente mancare è la sirena da interno, primo perché è di difficile neutralizzazione e secondo perché, grazie all’emissione di un suono ad alta intensità, esercita sull’intruso un azione di disturbo non indifferente. La sirena è dotata di  dispositivi anti manomissione che la proteggono dall’apertura e dalla rimozione, alcuni modelli sono dotati di dispositivi anti schiuma. Dal punto di vista normativo non esistono leggi nazionali che regolamentano l’uso delle sirene, tali norme variano da comune a comune e in linea di massima richiedono l’uso di sistemi di allarme a norma di legge che devono produrre un suono modulato e protratto in via continuativa per non oltre 3 minuti, in caso d’allarme, e 15 minuti in caso d’avaria. Molte centrali dispongono di una funzione chiamata limite allarme, questa funzione fa si che un sensore in avaria venga automaticamente escluso una volta raggiunto, all’interno dello stesso periodo di inserimento, il limite allarme programmato dall’installatore. Nel caso in cui, magari a causa di un’assenza rete prolungata, la centrale dovesse spegnersi, la sirena, grazie alla corrente erogata dalla propria batteria tampone, dovrebbe suonare un’unica volta  per un tempo massimo di 15 minuti.

Guida impianto d’allarme

Da parecchi anni a questa parte stiamo assistendo ad un aumento incontrollato della criminalità e degli spiacevoli eventi ad essa associati, ne consegue che le nostre abitazioni e le nostre attività commerciali sono diventate il bersaglio preferito di gruppi di balordi che si appropriano dei nostri beni materiali e ci arrecano un grande danno psicologico, violando la nostra privacy e levandoci quel senso di sicurezza che avevamo fino a poco tempo prima, “Non usciremo mai più di casa senza il timore di essere derubati nuovamente“.

Lasciarli fuori è possibile; come recitava un famoso spot pubblicitario “Prevenire è meglio che curare“, esatto, prevenzione è la parola chiave, quindi prima di subire un furto e le conseguenze ad esso associate, sarebbe meglio mettere le mani avanti e tutelarsi attraverso l’installazione di un valido sistema di sicurezza.

Spesso, durante i miei sopralluoghi, mi capita di incontrare lo scettico di turno che se ne esce con frasi del tipo : “Eeeeh già, il sistema antintrusione, tanto oggi i ladri li neutralizzano facilmente”. A questi signori rispondo che lo scopo di un sistema di sicurezza non è quello di immobilizzare il malvivente (magari si potesse), ma quello di farlo desistere per via del tempo, della competenza tecnica e della strumentazione necessaria ad eludere un sistema professionale ben realizzato. Sarebbe come dire: ” E’ inutile fare quel muro, tanto il ladro con una scala lo scavalca”. Si, il discorso non fa una piega, ma intanto lascio fuori tutti quelli che la scala non ce l’hanno e costringo gli altri ad organizzarsi o, cosa più semplice, ad andare a tentare da un’altra parte.

Perché rivolgersi ad un’azienda specializzata

È fondamentale ricordare che solo una corretta progettazione ed installazione può dare garanzia di efficacia ad un sistema d’allarme. Perciò solo Aziende specializzate, di comprovata e pluriennale esperienza, sono in grado di rilasciare, al termine dei lavori, la “Certificazione dell’impianto“, quale garanzia dell’utilizzo di apparecchiature certificate e conformi alle norme CEI e dell’esecuzione dei lavori in conformità alla normativa tecnica nazionale. Particolare rilievo riveste la fase di progettazione che deve essere eseguita tenendo conto delle caratteristiche del sito, dalla tipologia e dal valore dei beni da proteggere. È necessario studiare attentamente la planimetria per evidenziare i punti critici a rischio di effrazione, il piano al quale si trova il sito, la dislocazione dei locali, il numero di accessi e la presenza di terrazzi o balconi nelle vicinanze.

Inferriate o allarme?

La corretta protezione di un edificio dovrebbe prevedere più livelli di sicurezza, in questo modo anche se l’intruso riuscisse a neutralizzare il primo livello dovrebbe subito confrontarsi con il secondo e cosi via. I sistemi di “protezione passiva” (porte blindate, inferiate, vetri antisfondamento etc.), rappresentano solo il primo dei livelli di protezione, ma non sono sufficienti, poiché, una volta violati, lascerebbero il ladro libero di muoversi a suo piacimento. Ecco perché il piano sicurezza necessita di essere completato con una protezione di tipo attivo, vale a dire con l’installazione di un sistema di sicurezza elettronico che rileva i tentativi di effrazione e li comunica mediante l’attivazione di allarmi acustici locali e l’invio di chiamate telefoniche verso l’utenza e verso gli organi di pronto intervento.