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Resistenza elettrica

La resistenza è la proprietà che hanno i materiali di opporsi al passaggio della corrente. Negli articoli precedenti abbiamo definito la corrente come un movimento ordinato di elettroni che scorrono lungo un conduttore. Durante il tragitto gli elettroni urtano dei nuclei fissi che si oppongono al passaggio della corrente, il risultato di questi urti è la produzione di calore e la conseguente perdita di energia per effetto Joule, che si traduce in un calo della corrente passante. Lo studio della resistenza venne portato avanti dal fisico tedesco Georg Simon Ohm (Erlangen, 16 marzo 1789 – Monaco di Baviera, 6 luglio 1854), che  formulò  le leggi  note come prima e seconda legge di Ohm.

Prima legge

La prima legge di Ohm afferma che la differenza di potenziale (tensione), applicata ai capi di un conduttore è direttamente proporzionale all’intensità di corrente che in esso circola; la costante di proporzionalità prende il nome di resistenza. Poiché nel S.I. i si misura in ampere A e Δv in volt V, la resistenza si misura in A/V che prende il nome di OHM ( Ω ). L’Ohm è quindi la resistenza di un circuito elettrico dotato di tensione di 1V attraversato da una corrente di 1A. In forma matematica, la prima legge di Ohm si scrive

ΔV = i*R   (Nella figura seguente il potenziale V viene indicato con E )

in cui ΔV indica la differenza di potenziale, i l’intensità di corrente ed R la resistenza. Tale legge permette di determinare, ad esempio, che è necessaria una differenza di potenziale di 10 V (volt) per far circolare una corrente di 2 A (ampere) in un conduttore che ha la resistenza di 5 Ω.

In realtà, la prima legge di Ohm non vale per tutti i conduttori,  rappresenta piuttosto un criterio di classificazione dei materiali capaci di condurre corrente elettrica. I materiali che rispettano la prima legge di Ohm, vale a dire che sono caratterizzati da una proporzionalità diretta tra tensione applicata e intensità di corrente, vengono detti ohmici, gli altri, non ohmici. Sono ohmici tutti i conduttori metallici tenuti a temperatura costante, sono non ohmici, ad esempio, i conduttori gassosi.

Un discorso a parte va fatto per i superconduttori, questi materiali, infatti, se raffreddati fino al raggiungimento della loro temperatura critica annullano la loro resistenza e, finché le condizioni di temperatura permangono, possono essere attraversati dalla corrente senza produrre dissipazioni.

Seconda legge

Il valore della resistenza di un conduttore dipende dalle sue caratteristiche geometriche e dal materiale di cui è costituito; in particolare per un conduttore di sezione costante, come un filo di rame, è direttamente proporzionale alla lunghezza ed inversamente proporzionale all’area della sezione. In termini matematici questa dipendenza, nota anche come seconda legge di Ohm, si scrive R = ρ*l/S, dove l rappresenta la lunghezza del conduttore, S la sua sezione ed ρ la resistività (parametro caratteristico di ciascun materiale). In sostanza la legge afferma che per ottenere un conduttore efficiente è necessario sceglierlo di un materiale a bassa resistività, di forma allungata e di sezione ampia.

    
La resistività

La resistività ρ, introdotta nella seconda legge di Ohm, è il parametro utilizzato come criterio di classificazione dei materiali in rapporto alla loro capacità di farsi attraversare dalla corrente elettrica. Sulla base del suo valore si distinguono così tre categorie di sostanze: quella dei conduttori ( ρ compresa tra 108 e 10-5 ohm metro), quella degli isolanti (con ρ compresa tra 1011 e 1017 ohm metro) e quella dei semiconduttori (con ρ compresa tra 10-1 e 104 ohm metro).

La resistività di una data sostanza non è costante, ma varia al variare della temperatura. La legge che esprime questa dipendenza è ρ = ρ293 (1 + a ΔT), dove ρ è la resistività alla temperatura T (misurata in gradi Kelvin), ρ293 il valore della resistività misurato a 293 K (20 °C)a un parametro caratteristico di ogni materiale e ΔT la differenza di temperatura tra T e la temperatura di riferimento (293 K). Il tipo di dipendenza della resistività dalla temperatura si spiega considerando la conduzione nei metalli dal punto di vista microscopico. Nel loro moto di deriva gli elettroni di conduzione sono ostacolati dagli ioni del reticolo cristallino, che vibrano intorno alla propria posizione di equilibrio in misura proporzionale alla temperatura del corpo. Tanto maggiore è la temperatura tanto più ampi sono i moti vibrazionali di questi ioni e quindi più frequenti gli urti che ostacolano la conduzione della corrente; quindi, più è alta la temperatura più sarà elevata la resistenza del materiale.

 

 

Resistività di alcuni materiali misurata a 20 °C

 Materiale  Resistività ρ (in Ω x mm2/m)
 Argento  0.016
 Rame  0.017
 Oro  0.024
 Alluminio  0.028
 Tungsteno  0.055
 Platino  0.10
 Ferro  0.13
 Acciaio  0.18
 Piombo  0.22
 Mercurio  0.94
 Costantana  0.49
 Carbonio  35
 Germanio  60 x 102
 Silicio  2.3 x 109
 Vetro  1016 ÷ 1020
 Mica  1017 ÷ 1021
 Zolfo  1021
 Legno secco  1014 ÷ 1017

Corrente elettrica

L’atomo

La materia è tutto ciò che ha massa e occupa uno spazio. La materia, che costituisce qualsiasi corpo, è formata da aggregati di particelle tenute insieme da particolari forze di natura elettrica che prendono il nome di molecole. Le molecole sono ulteriormente divisibili in atomi, a loro volta composti da altre parti più piccole quali gli elettroni, i protoni ed i neutroni. Questi tre elementi stanno all’interno dell’atomo e più precisamente, protoni e neutroni compongono il nucleo, mentre gli elettroni gli orbitano attorno. Gli elettroni orbitano attorno al nucleo a distanze diverse (come i pianeti del sistema solare), la distanza di rotazione aumenta con l’aumentare del numero di elettroni. Questi elementi posseggono una carica elettrica che viene assunta come unità di carica elementare, gli elettroni hanno carica negativa, i protoni hanno carica positiva.

Gli Ioni

Gli elettroni che ruotano più lontani dal centro  risentono meno dell’attrazione verso il nucleo e se sollecitati potrebbero staccarsi dall’atomo divenendo degli elettroni liberi. Gli elettroni liberi vanno a completare le orbite di altri atomi facendo si che questi abbiano una prevalenza di elettroni nei confronti dei protoni. Gli atomi che hanno un numero diverso di elettroni e protoni si chiamano ioni, più precisamente, se è maggiore il numero di elettroni avremo uno ione negativo (maggiore carica negativa), se è maggiore il numero di protoni avremo uno ione positivo (maggiore carica positiva).


Cariche elettriche

Le cariche elettriche sono corpi costituiti da atomi che hanno ceduto o acquistato un certo numero di elettroni. Come già accennato in precedenza, gli atomi in natura sono neutri, cioè hanno lo stesso numero di elettroni e protoni, ne consegue che se un elemento è carico elettricamente esiste nello spazio un secondo elemento che possiede la stessa carica ma di segno opposto.  La carica di un elemento è data dalla somma algebrica delle singole cariche fondamentali e costituisce la quantità di carica (simbolo Q). Come tutte le grandezze fisiche, la quantità di carica ha un unità di misura che è il Coulomb (leggi coulomb, simbolo C), il Coulomb rappresenta la quantità di carica degli elettroni ed essendo questi a carica negativa ne consegue che anche il Coulomb è negativo, un valore di Coulomb positivo indica quindi una carica elettrica di protoni. Due elementi con carica elettrica opposta tendono a riequilibrarsi, cioè a ristabilire la neutralità tra elettroni e protoni, quindi possiamo certamente dire che due cariche di segno opposto si attraggono, mentre due cariche di segno uguale si respingono. La forza di attrazione o repulsione tra due cariche è direttamente proporzionale al prodotto delle quantità di carica fratto la distanza al quadrato delle cariche e dipende dalla natura del mezzo.

          Q1 * Q2

F = e * ———

              d²

F = forza in newton

e = costante dielettrica del mezzo (per il vuoto vale 8,854 * 10E-12 F/m)

Q1, Q2 = cariche elettriche in coulomb

d = distanza in metri


Corrente elettrica

Nei metalli o più in generale nei conduttori sono presenti uno o due elettroni per atomo nei livelli più esterni. Questi elettroni sono poco legati ai rispettivi atomi e pertanto sono dotati di una grande mobilità. Quando inseriamo un filo di materiale conduttore tra i poli di un generatore, ad esempio una pila, gli elettroni più esterni, carichi negativamente, si dirigono verso il polo positivo generando una grande quantità di cariche in movimento che prendono il nome di corrente elettrica. In realtà  gli elettroni non si spostano per tutto il tragitto, ma si urtano l’uno  l’altro scambiandosi l’energia. Per chiarire meglio le idee si immagini una fila di bocce allineate (che rappresentano gli elettroni), colpendo la prima boccia si nota istantaneamente uno spostamento della boccia al fondo della fila, questo perché le bocce di mezzo hanno solo ceduto l’energia del colpo senza immagazzinarne.

In particolare, si definisce intensità di corrente elettrica ( i ) il rapporto tra la quantità di carica elettrica ( Q ), che passa attraverso una sezione unitaria del circuito, e l’intervallo di tempo Δt in cui questo passaggio avviene: i = Q / Δt. L’unità di misura della corrente nel Sistema Internazionale è l’ampere (A) . Dal momento che la carica Q si misura in coulomb e il tempo in secondi avremo che 1 A = 1 C / 1 s. Per misurare l’intensita di corrente assorbita da un carico si usa un amperometro collegato in serie al circuito (vedi figura). 

La corrente elettrica costituisce una grandezza fisica di fondamentale importanza nella tecnologia legata all’elettronica e ha un grande numero di applicazioni, ad esempio nel trasporto di informazioni o di energia. Per convenzione il verso della corrente coincide con quello in cui si muovono le cariche positive, quindi dal polo positivo al polo negativo del generatore. Quindi il verso della corrente non coincide con il verso del moto degli elettroni. Se la corrente i in un circuito è costante nel tempo parleremo di corrente continua (in tal caso la corrente Q che attraversa una sezione del conduttore e l’intervallo di tempo Δt sono direttamente proporzionali), se invece la corrente elettrica varia nel tempo parleremo di corrente variabile. Da quanto detto sopra si evince che la  corrente elettrica non è altro che un flusso di cariche che tendono a ristabilire la differenza di potenziale tra due corpi elettricamente carichi. Se i due corpi, mano a mano che la corrente circola, diventano neutri, immediatamente la corrente cessa (in quanto non c’è più una forza di attrazione tra i due), ma se i due corpi continuano ad avere una carica elettrica diversa, allora avremo sempre la circolazione di corrente.

Potenziale elettrico

Definizione:

Si definisce potenziale elettrico e si indica con V, il lavoro che occorre compiere per portare una carica unitaria da un punto qualsiasi del campo elettrico all’infinito (un punto infinitamente lontano, esterno al campo). A punti diversi dello spazio corrispondono potenziali diversi, il lavoro da compiere per portare una carica unitaria da un punto A (potenziale elettrico VA) a un punto B (potenziale elettrico VB), entrambi interni al campo, sarà dato dalla differenza di potenziale (Δ) tra i due punti del campo: L = Va-Vb.

L’esempio ricorrente, utilizzato per chiarire il concetto di differenza di potenziale, è quello dei due recipienti d’acqua posizionati alla stessa altezza e riempiti a livelli differenti. La differenza di livello tra il fluido all’interno delle vasche equivale alla differenza di  potenziale. Se collegassimo le due vasche con un tubo, l’acqua proveniente dalla vasca a “potenziale ” maggiore (contenente più liquido), fluirebbe  nella vasca a “potenziale” minore, in modo da equilibrare i livelli. Allo stesso modo, collegando un conduttore tra due poli a potenziale diverso, si viene a creare  un passaggio di corrente elettrica che tende ad azzerare la differenza di potenziale (d.d.p.). Una volta azzerata la differenza di potenziale lo scambio cessa e con esso i benefici che ne derivano. Nell’esempio dell’acqua, per mantenere costante la differenza di livello, si utilizzano delle pompe che aspirano l’acqua  dalla vasca a potenziale più basso e la immettono in quella a potenziale più alto; lo stesso principio vale per la differenza di potenziale elettrico, in questo caso si utilizza un generatore di tensione che ha il compito di spostare gli elettroni da un polo all’altro in modo da mantenere costante la d.d.p. 

L’unità di misura del potenziale elettrico è il Volt (simbolo V), in onore di Alessandro Volta, e vale 1 J/C = 1 V [volt], cioè: tra due punti di un campo elettrico vi è una d.d.p. di 1 volt se il campo elettrico compie un lavoro di 1 joule quando una carica di 1 coulomb passa da un punto a un altro del campo. Sovente, il potenziale elettrico viene denominato tensione elettrica. Particolare attenzione va posta al fatto che in presenza di un generatore di tensione il circuito elettrico, come quello idraulico,  deve avere almeno due conduttori, andata e ritorno, questo perché gli elettroni che vengono a circolare nel circuito non si devono accumulare, ma devono, mediante un secondo conduttore, ritornare al punto di partenza, difatti per ogni elettrone che parte da un polo del circuito ne arriva un altro sul polo opposto. Se ne deduce allora che un circuito elettrico, per funzionare, deve avere la stessa circolazione di corrente sui conduttori di andata e di ritorno. Per misurare la d.d.p. tra due punti si utilizza un Voltmetro collegato in parallelo (vedi figura).

Cavi elettrici

Premessa: La normativa che era in vigore in materia di cavi e di isolanti e alla quale fa riferimento questo articolo è ormai obsoleta quindi alcune informazioni potrebbero non essere aggiornate ed in linea con la normativa vigente.

Dal punto di vista elettrico i materiali si dividono in conduttori, semiconduttori e isolanti

  • Con il termine  conduttori vengono indicati tutti quei materiali che si lasciano attraversare dalla corrente elettrica.  I materiali conduttori possono essere di diversa natura, quelli con le caratteristiche migliori sono i metalli  come oro, argento, rame ecc.., il rame è il materiale più utilizzato per il trasporto dell’energia, questo perché, pur non essendo il migliore tra i conduttori, è quello che offre il miglior rapporto qualità/prezzo.
  • I  semiconduttori sono dei materiali che al di  sotto di certi valori di tensione si comportano da isolanti, mentre al di sopra si comportano da conduttori, per questa loro caratteristica vengono molto adoperati in elettronica.
  • Gli isolanti sono dei materiali che si oppongono al passaggio della corrente elettrica e per questa loro caratteristica vengono impiegati per isolare i conduttori.

Struttura del cavo

Un cavo elettrico è costituito da un anima realizzata in materiale conduttore rivestita da materiale isolante. Il conduttore è generalmente costituito da un metallo o da una lega di metalli e può presentarsi sotto forma di un filo unico o di  corda di fili (unione di più fili elementari), a sua volta la corda può essere rigida o flessibile. A seconda del tipo di isolante che riveste il conduttore possiamo distinguere due categorie principali di cavi: cavi in carta impregnata e cavi ad isolante estruso. I cavi in carta impregnata vengono usati solo per le altissime tensioni; di uso più comune, invece, sono i cavi ad isolante estruso, che a loro volta si dividono in termoplastici ed elastomerici. Alcuni cavi vengono muniti di schermo, lo schermo viene realizzato mediante una calza di fili di rame ed ha l’obbiettivo di limitare i disturbi elettromagnetici (Gabbia di Faraday). I cavi elettrici possono essere ulteriormente distinti in  unipolari, cioè  costituiti da un unico conduttore, e multipolari, ossia costituiti da più conduttori. I conduttori possono essere liberi o raggruppati all’interno di un ulteriore guaina protettiva realizzata in materiale  metallico o elastomerico.

L’isolante

l‘isolante o dielettrico  svolge una funzione importantissima, infatti, oltre a fornire una protezione contro i contatti accidentali,  ha il compito di isolare il conduttore da altri conduttori attivi, evitando i cortocircuiti. La funzione dell’isolante deve essere garantita nel tempo, quindi il materiale con cui è realizzato deve avere una buona resistenza  agli stress di natura chimica e a quelli di natura meccanica, inoltre deve resistere alle altissime temperature dovute alle elevate correnti che potrebbero attraversare il conduttore in caso di cortocircuito o sovraccarico. Un altro aspetto che riguarda  da vicino l’isolante è il suo comportamento in caso d’incendio. Le norme antincendio stabiliscono che l’isolante dei cavi elettrici deve essere realizzato con materiali autoestinguenti e a bassa emissione di fumi.

Gli isolanti si dividono in:

  • Termoplastici, sono realizzati con dei materiali plastici che hanno la caratteristica di rammollire alle alte temperature e indurire a temperature più basse, questa proprietà gli consente di essere sottoposti a più cicli di lavorazione rendendo più facile il loro recupero o smaltimento. I materiali termoplastici più usati per la costruzione dei cavi sono il PVC e il polietilene;
  • elastomeri, sono dei  materiali che alle basse temperature si comportano come i termoplastici, mentre alle alte temperature subiscono un processo  di vulcanizzazione che li rende permanentemente duri  aumentando la loro resistenza alle temperature elevate.

Dimensionamento

Il corretto dimensionamento dei cavi elettrici rappresenta un aspetto fondamentale del progetto di un impianto elettrico, i principali fattori da tenere in considerazione sono la tensione e la corrente a cui saranno sottoposti i cavi durante il loro funzionamento, il tipo di posa (in tubo, all’aperto, interrata ecc..), e le caratteristiche dell’ambiente circostante (presenza di sostanze chimiche, rischio d’incendio ecc..).

Scelta dell’isolante 

Un giusto dimensionamento dell’isolante deve garantirci un buon livello di protezione prolungato nel tempo, rispetto alle diverse tipologie di stress a cui il cavo potrà essere sottoposto durante il suo funzionamento. Al contrario di quanto si possa immaginare lo spessore dell’isolante non viene dettato da fattori di natura elettrica ma da fattori di natura termica e meccanica. L’aspetto termico riguarda il calore prodotto dalla corrente che attraversa il cavo, l’isolante deve poter dissipare, senza danneggiarsi, sia il calore generato in condizioni di funzionamento normale che quello, ben più elevato, che potrebbe generarsi in caso di cortocircuito. L’aspetto meccanico, invece, deve tener conto degli stress che il cavo potrebbe subire durante la posa (attrito con altri cavi, torsioni ecc..), e anche a quelli dovuti al luogo in cui viene posato il cavo ( esterno, interrato, ambienti corrosivi ecc..).

Durante il funzionamento di un cavo si possono distinguere tre diverse situazioni che influenzano la temperatura a cui è sottoposto l’isolante;

  • regime permanente, si ha questa condizione quando nel cavo scorre una corrente costante nel tempo, che  lo porta  ad una temperatura stabile detta di regime.
  • sovraccarico, si ha questa condizione quando nel cavo scorre una corrente più elevata rispetto a quella prevista dal progetto, questa corrente causa alte temperature e se non venisse interrotta in tempi brevi, grazie all’intervento dell’interruttore magnetotermico, danneggerebbe sicuramente l’isolante.
  • cortocircuito, si ha questa condizione quando entrano in contatto due conduttori attivi, l’assenza di resistenza tra i conduttori fa circolare delle correnti elevatissime che generano delle temperature altrettanto elevate. Questa corrente deve essere interrotta quasi istantaneamente, grazie all’intervento delle protezioni, altrimenti si assisterebbe al danneggiamento del cavo e, nella peggiore delle ipotesi, allo sviluppo di un incendio.

Sezione del conduttore

Un altro parametro fondamentale per la scelta del cavo è la sezione del conduttore, essa va calcolata tenendo in considerazione  l’aspetto termico e l’aspetto della caduta di tensione. L’aspetto termico dipende dal tipo di posa, infatti un cavo interrato in un terreno umido e compatto ha più capacità di disperdere calore di un cavo interrato in ghiaia, quindi a parità di sezione, una maggiore capacità di disperdere calore coincide con una maggiore portata di corrente. Il calcolo della caduta di tensione è legato alla distanza tra sorgente ed utilizzatore, infatti la resistenza del conduttore introduce una caduta di tensione che aumenta all’aumentare della lunghezza del cavo, la massima caduta di tensione ammissibile per gli impianti civili è del 4% rispetto alla tensione nominale di 220 V e vale circa 8,8 V.

Le Tabelle per i cavi elettrici

Sul cavo sono serigrafate delle sigle che ci danno delle informazioni sulla tipologia dell’isolante e sulle caratteristiche del conduttore, per esempio se su un cavo leggiamo  la sigla N07V -K  (vedi tabella 5 in fondo alla pagina), significa  che stiamo parlando di un cavo con le seguenti caratteristiche:   

  • N nazionale (indica un cavo conforme alle norme italiane , mentre H armonizzato indica un cavo conforme alle norme europee);
  • 07 Cavo per tensione nominale U0/U 450/750V;
  • V Materiale isolante in PVC;
  • -K Corda flessibile per posa fissa.

Le tabelle vengono rilasciate dagli enti normatori e dalle aziende produttrici di cavi, al loro interno vengono descritte le caratteristiche dei cavi. 

Esempio:

Supponiamo di voler trasportare una potenza di 5KW ad una distanza di 40m con posa interrata. 

Visto il tipo di posa ci affidiamo ad un cavo di qualità G7 sotto guaina di PVC (vedi tabella 1 e 8 in fondo alla pagina) FG7OR 2X1 +G (G è il conduttore di terra e non porta corrente). Il carico è quasi completamente resistivo per cui assumeremo cosΦ = 1

la  corrente da trasmettere sarà:

(1)      I = W/V = 5000/220 = 22,7 A        

Basandoci solo sulla componente termica la tabella 8 ci dice che per questo valore di corrente può andare sicuramente bene una sezione di 1,5 mm2, ma vista la lunghezza della tratta non possiamo sottrarci dal fare la verifica della caduta di tensione.

La tabella 9 ci dice che per la sezione di 1,5 mm2 la caduta di tensione è pari a

ΔV = 30,2 mV/Am

questo vuol dire che la tensione cala di 30,2 mV per ogni ampere di corrente e per ogni metro di lunghezza del collegamento quindi:

(2)     ΔV = KIL/1000 cioè ΔV = 30,2 x 22,7 x 40 /1000 = 27,4 V  ma 27,4 è il 12,5% della tensione nominale mentre la massima caduta ammessa è del 4%  cioè 8,8 V, quindi la sezione di 1,5 mm2 non risulta idonea al nostro scopo.

Ricavando K dalla (2), abbiamo:

K = 1000 x ΔV/IL

cioè:

K = 1000 x 8,8 / 22,7 x 40 = 9,7 mV/Am

Poichè si tratta di un valore da non superare nella tabella 9 cerchiamo il valore di K immediatamente inferiore  trovando K = 7,56 in corrispondenza della sezione di 6 mm2, che sarà la giusta sezione da adottare.

 

Tabella 1

Mescole elastomeriche isolanti

Qualità

Sigla

naz.

Tipologia

Temperatura

Caratteristica

Temperatura max

di cortocircuito

Utilizzo
G7 G7

Mescola elastomerica

reticolata ad alto modulo

a base di gomma sintetica

90  °C 250 °C

Isolante per posa fissa

in ambienti anche bagnati

adatto per posa interrata

G9 G9

Mescola elastomerica

reticolata a bassa emissione

di fumi e gas tossici e corrosivi

90  °C 250 °C

Isolante per cavi

non propaganti l’incendio

per cablaggi interni

G10 G10

Mescola elastomerica

reticolata a bassa emissione

di fumi e gas tossici e corrosivi
90  °C 250 °C

Isolante per cavi non

propaganti l’incendio

per posa fissa, mobile, interrata

 

Tabella 2

Mescole termoplastiche isolanti

Qualità

Sigla

naz.

Tipologia

Temperatura

caratteristica

Temperatura max

di cortocircuito

Utilizzo
T11

R

Mescola termoplastica

a base di polivinilcloruro

70  °C

160  °C

Isolante per cavi per

tensione nominale non

superiore a 1000 V,

posa fissa

T12

R

Mescola termoplastica

a base di polivinilcloruro

70  °C

160 °C

Isolante per cavi per

tensione nominale non

superiore a 750 V,

collegamenti mobili
R2 R2

Mescola termoplastica

a base di polivinilcloruro
70  °C 160  °C

Isolante per cavi per

tensione nominale non

superiore a 20 KV,

posa fissa in ambienti anche bagnati

 

Tabella 3

Mescole elastomeriche per guaine

Qualità

Sigla

naz.

Tipologia Utilizzo
EM2 K

Mescola elastomerica

reticolata  a base di

policloroprene

Guaina protettiva per cavi per posa

fissa o per collegamenti mobili per

servizio meccanico anche gravoso

M2 M2

Mescola elastomerica

reticolata a basso sviluppo

di fumi,  gas tossici e corrosivi

Guaina protettiva di cavi non propa-

ganti l’incendio a basso sviluppo

di fumi di gas tossici e corrosivi

M3 M3

Mescola elastomerica

reticolata a basso sviluppo

di fumi,  gas tossici e corrosivi

Guaina protettiva di cavi non propa-

ganti l’incendio a basso sviluppo

di fumi di gas tossici e corrosivi

 

Tabella 4

Mescole termoplastiche per guaine

Qalità

Sigla

naz.

Tipologia Utilizzo
TM1 R

Mescola termoplastica

a base di polivinilcloruro

Guaina protettiva di cavi per posa

fissa in ambienti anche bagnati
TM2 R

Mescola termoplastica

a base di polivinilcloruro

Guaina protettiva di cavi per collegamenti

mobili in ambienti anche bagnati
Rz R

Mescola termoplastica

a base di polivinilcloruro

Guaina protettiva di cavi per posa

fissa in ambienti anche bagnati e per

cavi non propaganti l’incendio
M1 M1

escola a base di materiale

termoplastico a basso

sviluppo di gas tossici

e corrosivi

Guaina protettiva di cavi non propaganti

l’incendio a basso sviluppo di fumi e

gas tossici e corrosivi

 

Tabella 5

Designazione cavi secondo la norma CEI 20-27

Riferimento alle norme H Armonizzato
A Autorizzato
N Nazionale
Tensione nominale 03 Tensione nominale U0/U 300/300V
05 Tensione nominale U0/U 300/500V
07 Tensione nominale U0/U 450/750V
1 Tensione nominale U0/U 0,6KV
Materiale isolante V PVC
A Gomma sintetica
G9 Elastomero reticolato speciale
Schermatura e armatura C Conduttore concentrico di rame
A7 Schermo elettrostatico di alluminio
C7 Schermatura a fili o nastri di rame
C4 Schermatura a trecci di fili di reme
Z2 Armatura a fili
Z3 Armatura a piattine
Z4 Armatura a nastri
Z5 Treccia di fili di acciaio
Guaina N Policloroprene
V Polivinilcloruro-PVC
Forma del conduttore -U Filo unico
-R Corda rigida
-K Corda flessibile per posa fissa
-F Corda flessibile  per servizio mobile

 Tabella 6

Designazione cavi secondo la tabella CEI-UNE 35011

 

Natura e forma

del conduttore

 A  Allumini (rame no sigla)
 V  Filo unico
 R  Corda rigida
 F  Corda flessibile
 S  Conduttore seriale
Materiale
isolante
 G1  Gomma sintetica
 G5  Gomma EPR
 G7  Gomma EPR ad alto modulo
 G9  Elastomero reticolato speciale
 G10  Elastomero reticolato speciale
 R  Polivinilcloruro-PVC
 R2  PVC di qualità superiore
 E4  Polietilene reticolato
 Forma dei Cavi
 
 O  Anime riunite per cavo rotondo
 D  Anime riunite per cavo piatto

 Schermatura e

armatura

       
 C  Conduttore concentrico di rame
 H  Schermo elettrostatico di alluminio
 H1  Schermatura a fili o a nastri di rame
 H2  Schermatura a treccia di fili di rame
 F  Armatura a fili
 Z  Armatura a piattine
 N  Armatura a nastri
 A  Armatura a fili d’acciaio
 Guaina    R  Polivinilcoruro-PVC
 K  Policloroprene
 M1  Termoplastica speciale
M2 Elastomero speciale

 

Tabella 7

-Tpio cavo N07V -K

-Cavi unipolari flessibili, isolati in PVC di qualità  R2, senza guaina

-Installazione entro tubazioni in vista o incassate

-Norme di riferimento: CEI 20-20

       

Sezione

nominale

mm2

Diametro

del

conduttore mm

Spessore

medio

isolante mm

 Diametro

esterno

massimo mm

Peso

indicativo

del cavo

Kg/Km

Resistenza

elettrica

a 20 °C

Ω/Km

Portata con

temp. amb. 30°C

in tubo in aria

A

 1,00 1,3  0,7 3,2 14 19,50 12
1,50 1,5 0,7 3,5 19 13,30 15,5
2,50 1,8 0,8 4,2 30 7,98 21
4,00 2,5 0,8 4,8 45 4,95 28
6,00 3 0,8 6,3 63 3,30 36

 

Tabella

8

-Tipo FG7OR 0,6/1 kV

-Cavi multipolari flessibili, isolati in EPR ad alto modulo, sotto guaina di PVC di qualità Rz di colore grigio

-Per posa fissa, in aria libera, in tubazioni, in canalette; possono essere direttamente interrati

-Norme di riferimento: CEI 20-13


Numero

conduttori

n.

Sezione

nominale

mm2

Diametro

indicativo

conduttore

mm

Spessore

medio

isolante

mm

Diametro

esterno

massimo

mm

Peso

indicativo

del cavo

Kg/Km

Resistenza

max a 20 °C

in c.c.

Ω/km

Portata di corrente in (A) con temp. ambiente di:

30 °C

in tubo

in aria

20 °C

in tubo

interrato

2X 1,5 1,5 0,7 12 150 13,3 22 36
2,5 1,9 0,7 13 190 7,98 30 47
4 2,4 0,7 14,2 240 4,95 40 61
6 3 0,7 15,4 310 3,30 51 77
10 4,1 0,7 18,2 440 1,91 69 105
16 5,2 0,7 20,4 600 1,21 91 136
25 6,3 0,9 24,5 850 0,780 119 177
35 7,7 0,9 26,5 1130 0,554 146 212
50 9,4 1 30 1580 0,386 175 252

 

Tabella

9

Caduta di tensione ΔV = KIL/1000

Corrente I in A; Lunghezza L in m ; Coefficente K in mV/Am

  Monofase Trifase

Sistema cosφ

sezione (mm2)

0,8 1 0,8 1
1 36,1 45 31,3 39
1,5 24,3 30,2 21 26,1
2,5 14,7 18,2 12,7 15,7
4 9,21 11,4 7,98 9,85
6 6,16 7,56 5,34 6,54
10 3,73 4,55 3,24 3,94
16 2,39 2,87 2,07 2,48
25 1,55 1,81 1,34 1,57
35 1,14 1,31 0,99 1,13
50 0,87 0,97 0,75 0,94
70 0,624 0,669 0,541 0,579
95 0,476 0,484 0,412 0,419
120 0,394 0,383 0,342 0,332

Impianto di terra

Premessa

Cartello messa a terra

Nelle misure di altitudine lo zero è riferito al livello del mare, nelle misure elettriche, invece, il livello di potenziale zero è costituito dal suolo. Quando colleghiamo una massa a terra non facciamo altro che darle il potenziale zero. Con il termine massa si intende qualsiasi corpo metallico, carcasse di elettrodomestici, tubi dell’acqua, pali per l’illuminazione ecc., che potrebbe trovarsi sotto tensione a causa di un guasto o avaria. La funzione dell’impianto di terra è quella di creare un percorso a bassa resistenza tra la massa e la terra, questo fa si che le eventuali correnti di guasto si scarichino verso terra, provocando lo scatto automatico dell’interruttore differenziale. Se non ci fosse l’impianto di terra la massa rimarrebbe in tensione ed in caso di contatto la corrente fluirebbe verso terra attraverso il corpo del malcapitato. Oltre agli elettrodomestici vanno collegate a terra tutte le masse metalliche dell’edificio,  tubi dell’acqua, del gas, travi ecc..

Realizzazione

Schema impianto di terra
  1. Dispersori;
  2. Dispersore naturale;
  3. Conduttori di terra;
  4. Collettore di terra;
  5. Collegamenti equipotenziali;
  6. Pozzetto di ispezione;
  7. Montante PE;
  8. Derivazione;
  9. Conduttori di protezione;
  10. Collegamenti equipotenziali supplementari;

Dispersori

Sono dei corpi metallici messi in intimo contatto col terreno, la loro funzione è quella  di disperdere le correnti di guasto nel terreno stesso.  Si possono avere diversi tipi di dispersore,  picchetto, corda nuda, tondino, la loro sezione varia in base al materiale con cui sono costruiti e alle caratteristiche chimico-fisiche del terreno. Possono essere usati come dispersori anche i ferri d’armatura dell’edificio, detti appunto Dispersori naturali.

Conduttori di terra

Sono dei conduttori che collegano tra loro i dispersori e il collettore di terra. Il  dimensionamento di questi conduttori dipende dalla loro costruzione meccanica e dal tipo di posa nel terreno. I conduttori di terra sono  protetti contro la corrosione tramite una guaina elastomerica e vengono posati all’interno di tubi in pvc che li proteggono dalle sollecitazioni meccaniche.

Collettore di terra

E’ il nodo principale, formato da una barra metallica o morsettiera al quale vengono collegati i conduttori di terra, i conduttori equipotenziali e la montante.

Collegamenti equipotenziali

Sono  quei conduttori che collegano al nodo di terra le masse estranee (tubi dell’acqua,del gas ecc…), allo scopo di evitare che vi siano differenze di potenziale fra masse metalliche diverse.

Montante PE

E’ il conduttore di protezione principale, che collega i conduttori di protezione secondari al nodo di terra principale.

Conduttori di protezione

Collegano al collettore di terra le masse da proteggere, come i morsetti di terra delle prese, i collegamenti equipotenziali, e le masse metalliche di apparecchi elettrici.

Fusibile

Premessa

Il fusibile è un dispositivo di protezione costituito da un cilindro, di vetro o ceramica, chiuso tra due terminali collegati tra loro da un filamento di materiale conduttore. Il filamento viene dimensionato in base alla corrente massima che dovrà sopportare durante il funzionamento. In passato i fusibili erano l’unico tipo di protezione contro i sovraccarichi e i cortocircuiti, oggi, almeno nell’ambito degli impiantelettrici standard, sono stati rimpiazzati dagli interruttori magnetotermici, tuttavia  trovano ancora un largo impiego nella protezione di apparati elettronici.

Funzionamento

Il fusibile viene collegato in serie al circuito da proteggere, il suo dimensionamento dipende dalla grandezza delle correnti in gioco e dal tipo di intervento (istantaneo, ritardato, ecc..), che si vuole ottenere. Il funzionamento di un fusibile è molto semplice, in pratica il suo filamento viene attraversato dalla corrente che alimenta il circuito da proteggere, se la corrente richiesta è troppo elevata il filamento si scalda fino a fondersi, interrompendo la continuità elettrica tra i due reofori e togliendo alimentazione al circuito. A seguito dell’intervento del fusibile  si dovrà provvedere alla verifica dell‘impianto elettrico, in modo da capire la causa che ha generato lo scatto, e poi alla sostituzione dello stesso con uno di pari caratteristiche. Per verificare se un fusibile è scattato ci possiamo affidare o ad un controllo visivo (possibile solo sui fusibili di vetro), oppure, una volta rimosso il fusibile dal circuito, ad una più “empirica” misurazione della continuità, con l’ausilio di un semplice tester. Nei modelli per correnti particolarmente elevate il cilindro viene riempito con del materiale inerte polverizzato, lo scopo di questo materiale è quello di spegnere l’arco elettrico che potrebbe venirsi a creare tra i due segmenti di filamento interrotto.

Tipi di fusibile

A seconda del tempo di intervento possiamo distinguere i seguenti modelli:

  • FF,  Modelli ultrarapidi,  vengono utilizzati in applicazioni particolari, dove anche un brevissimo picco di corrente superiore alla norma potrebbe arrecare dei danni.
  • F,  Modelli rapidi, intervengono quasi immediatamente, quando si verifica il sovraccarico.
  • M,  Modelli semiritardati,  hanno una velocità d’intervento a metà strada tra i rapidi ed i ritardati.
  • T,  Modelli ritardati, intervengono con un leggero ritardo, vengono utilizzati nei circuiti che all’accensione producono un rapido picco di assorbimento. Se in un circuito del genere si montasse un fusibile rapido, questo interromperebbe il circuito ad ogni accensione, in altre parole l’apparecchio non si accenderebbe mai. Montando invece un fusibile ritardato, questo non interviene all’atto dell’accensione, poiché il picco iniziale di assorbimento si estingue prima che il fusibile possa intervenire.
  • TT, Fusione super ritardata, intervengono per la protezione di apparecchiature soggette a continui sbalzi di corrente e trovano impiego per la protezione di motori, trasformatori, condensatori ecc.

Dati di targa

  • Corrente nominale, espressa in Ampere (A). É il valore di corrente oltre il quale si ha la fusione del filamento.
  • Tensione nominale, espressa in Volt (V). É il valore massimo di tensione che può venire a trovarsi ai capi del fusibile non appena il filo si spezza.
  • Velocità d’intervento. FF, F, M, T, TT
  • Potere di apertura, espresso in Ampere (A). É la soglia di corrente oltrepassata la quale il fusibile può creare un arco elettrico e far passare la corrente anche se il filo si spezza.

Fusibili Autoripristinanti

In alcune situazioni particolari, dove il cortocircuito o il sovraccarico possono essere frequenti e nella norma, per evitare di sostituire frequentemente i fusibili si utilizzano particolari modelli in grado di ripristinarsi automaticamente. In questi fusibili il “filamento” è costituito da un resistore “PTC” (Positive Temperature Coefficient), la caratteristica di questi resistori è quella di aumentare la propria resistenza all’aumentare della temperatura. In pratica, quando la corrente richiesta dal circuito supera un determinato valore di soglia il resistore comincia a scaldarsi, l’aumento di temperatura provoca l’aumento della resistenza che a sua volta genera un’ulteriore aumento della temperatura che fa incrementare il valore resistivo e così via con effetto valanga, l’aumento di resistenza riduce il passaggio di corrente e realizza la protezione del circuito. Una volta rimossa la causa del guasto il fusibile si raffredda ripristinando il normale passaggio della corrente.

Interruttore magnetotermico

Premessa

Interruttore Magnetotermico

La corrente elettrica che attraversa un circuito produce fenomeni magnetici e fenomeni termici (riscaldamento per effetto Joule). L’interruttore magnetotermico, come si evince dal nome, racchiude in se due sganciatori, uno magnetico e uno termico, è detto anche interruttore automatico poiché è capace di interrompere automaticamente la corrente al verificarsi di determinate condizioni di pericolo, quali il sovraccarico e il cortocircuito.

Sovraccarico (Parte termica)

Si ha la condizione di sovraccarico  quando un circuito di un impianto elettrico viene attraversato, per un periodo di tempo più o meno breve, da una corrente più elevata rispetto a quella prevista per quel ramo dell’impianto. La condizione di sovraccarico elettrico è la più frequente causa di incendio e può dipendere da un’errata progettazione dell‘impianto elettrico, es: cavi di sezione non adeguata o interruttori sovradimensionati, o dall’incuria dell’utente, es: inserimento di più ciabatte in cascata, su prese previste per alimentare un unico apparecchio utilizzatore.

Cortocircuito (Parte magnetica)  

La condizione di cortocircuito si verifica quando due conduttori a potenziale diverso vengono in contatto, questa è una situazione molto pericolosa perché le correnti in gioco sono molto elevate e possono causare parecchi danni all’impianto elettrico e all’edificio stesso.

Funzionamento

magnetotermico

Le parti sensibili di un interruttore magnetotermico sono costituite da una lama bimetallica in serie ad un elettromagnete, questi due componenti vengono attraversati dalla stessa corrente elettrica che attraversa il circuito che devono proteggere. In caso di sovraccarico prolungato nel tempo la lamina bimetallica si riscalda per effetto Joule e, a causa della diversa risposta termica dei due metalli, si deforma aprendo il circuito. La deformazione del bimetallo viene tarata in base  alla massima temperatura ammissibile per il cavo che dovrà proteggere. L’elettromagnete, invece, scatta in modo quasi istantaneo, non appena il valore della corrente che lo attraversa supera un determinato valore di soglia.

Dati di targa

  • ICorrente nominale: è la massima corrente che non provoca l’intervento dell’interruttore.
  • ICorrente convenzionale di intervento: è la corrente che fa intervenire l’interruttore entro un ora.
  • INF Corrente convenzionale di non intervento: è la corrente che l’interruttore può sopportare senza intervenire per il tempo convenzionale di un’ora.
  • II Corrente di intervento istantaneo: è la corrente che provoca in modo istantaneo lo sgancio magnetico dell’interruttore.

Tipi di interruttore

Grafico MTD

Gli interruttori magnetotermici si dividono in tre tipologie che dipendono dal valore della corrente di intervento istantaneo:

  • Tipo B: II= 3-5 IN
  • Tipo C: II= 5-10 IN
  • Tipo D: II= 10-20 IN

In base al numero di conduttori interrotti possiamo dividere gli interruttori in unipolari e bipolari. I valori di corrente nominale IN più comuni sono:

6, 10, 16, 20, 25, 32, 40, 50, 80, 100, 125 A (ampere).

Un altro elemento che contraddistingue gli interruttori è il potere di interruzione, ossia la massima corrente che il dispositivo può interrompere senza subire danni. Infatti, una delle qualità che differenziano l’interruttore automatico dal fusibile è proprio la “riarmabilità” a seguito di un intervento.

I valori dei poteri di interruzione più comuni sono:

1500, 3000, 4500, 6000, 10000, 15000, 20000, 25000 A (ampere).

In ambito civile il 4500 A è un ottima soluzione.

Interruttore magnetotermico differenziale

mag-diff.jpg

E’ un interruttore che integra le caratteristiche di intervento sia del magnetotermico che del differenziale, quindi in un unica soluzione avremo la protezione contro:

  • Sovraccarico
  • Cortocircuito
  • Folgorazione (se coordinato con l‘impianto di terra).

Interruttore differenziale

Premessa

Nei sistemi di distribuzione dell’energia elettrica in media e bassa tensione, il neutro è collegato a terra, di conseguenza qualsiasi contatto tra la fase di un circuito e la terra genera un passaggio di corrente.

L’interruttore differenziale è un dispositivo di sicurezza attivo, poiché, in caso di dispersione verso terra o di contatto diretto, è in grado di aprire il circuito dell’impianto elettrico interrompendo la circolazione della corrente e limitando, in tal modo, i rischi di elettrocuzione o di incendio. Non offre invece alcuna protezione contro il sovraccarico o il cortocircuito, per i quali è invece richiesto un interruttore magnetotermico. Sono sempre più diffusi apparecchi che integrano entrambi i dispositivi (Magnetotermici-differenziali). È detto differenziale perché basa il suo funzionamento sulla rilevazione dell’eventuale differenza di corrente elettrica, tra l’ingresso e l’uscita del circuito a cui è collegato.

Struttura

Guardando un interruttore differenziale dall’esterno potrete vedere i morsetti di ingresso e di uscita, una levetta di comando per l’apertura ed il riarmo del circuito elettrico ed un pulsantino per il test periodico del dispositivo.

All’interno (Vedi figura) è costituito da un nucleo ferromagnetico toroidale, sul quale sono avvolti tre solenoidi A1, A2, A3, e da un relè di sgancio. I due solenoidi A1 ed A2 sono avvolti in modo da generare due campi magnetici di segno opposto.

Funzionamento

In condizioni normali, le due correnti i1 e i2, che circolano negli avvolgimenti, A1 e A2, essendo uguali ed opposte, generano due campi magnetici che si annullano a vicenda. Nel caso di dispersione verso terra o di contatto accidentale fase-terra, una parte della corrente i1 esce dal circuito creando una differenza tra la corrente in ingresso e quella in uscita, questa differenza genera un campo magnetico non nullo che fa circolare corrente sull’avvolgimento A3 il quale attiva il meccanismo di sgancio.

Soglie di intervento

Nell’esempio precedente abbiamo visto come l’interruttore differenziale scatti al rilevamento di una differenza tra la corrente in ingresso e quella in uscita, questa differenza, detta “corrente differenziale nominale“, è  indicata  con la lettera greca Δ (delta) e rappresenta la sensibilità dell’ interruttore. Generalmente, negli impianti elettrici civili, si installano differenziali con un  Δ di 30 mA mentre negli impianti elettrici industriali si usano con un  Δ di 300 mA.

Gli interruttori differenziali possono essere classificati in base a diversi criteri:

focalizzando l’attenzione sulla forma d’onda delle correnti differenziali rilevabili distinguiamo fra:

  • interruttori differenziali di tipo AC, che sono in grado di rilevare solo correnti differenziali verso terra sinusoidali
  • interruttori differenziali di tipo A, che sono in grado di rilevare anche correnti differenziali verso terra pulsanti unidirezionali
  • interruttori differenziali di tipo B, che sono in grado di rilevare anche correnti differenziali verso terra continue.


La scelta fra interruttori di classe AC, A, B va effettuata dal progettista dell’impianto elettrico in base alle correnti di dispersione che si prevedono per l’utenza da proteggere. Se il carico prevede la presenza di circuiti elettronici che fanno uso di raddrizzatori, chopper , inverter, la corrente di guasto può essere non sinusoidale ( o sinusoidale ad una frequenza diversa dai 50-60Hz, per cui sono predisposti molti degli interruttori AC commerciali ), ed è bene ricorrere ad interruttori di classe A o, meglio ancora, di classe B.

focalizzando l’attenzione sul valore della soglia di corrente, distinguiamo fra:

  • interruttori differenziali ad alta sensibilità, se la corrente differenziale nominale di intervento è inferiore a 30mA
  • interruttori differenziali a bassa sensibilità, se la IΔn è superiore a 30mA

Gli interruttori a bassa sensibilità, per prevenire opportunamente i rischi da contatti indiretti, debbono essere opportunamente coordinati con l’impianto di terra (deve essere soddisfatta la relazione Rt*Idn<=50 nei sistemi TT e Zs*Idn<=Uo nei sistemi T-N), mentre gli interruttori ad alta sensibilità funzionano correttamente anche con resistenze di terra relativamente alte.

Posizionamento

E’ buona norma prevedere un differenziale per ogni linea dell’impianto, in questo modo, in caso di guasto, si avrà il disagio solo sulla linea interessata e non su tutto l’impianto, inoltre sarà più facile trovare il guasto.

Interruttore magnetotermico differenziale

mag-diff.jpg

E’ un interruttore che integra le caratteristiche di intervento sia del magnetotermico che del differenziale, quindi in un unica soluzione avremo la protezione contro:

  • Sovraccarico
  • Cortocircuito
  • Folgorazione (se coordinato con l‘impianto di terra)

Guida impianto elettrico

Progettazione

Negli ultimi vent’anni le “tecnologie dell’abitare” hanno fatto degli enormi passi avanti, ed è per questo motivo che parlare di progettazione di un impianto, riferendosi semplicemente alla parte elettrica dell’edificio, risulterebbe estremamente banale e riduttivo. Una delle prime caratteristiche che un buon progetto deve avere è quella della scalabilità, ciò significa che l’impianto deve poter supportare ampliamenti e modifiche senza dover ricorrere ad ulteriori opere murarie. Per questo motivo, in fase di progettazione, si dovrebbe prevedere l’installazione di canalizzazioni aggiuntive dedicate alla realizzazione dei cosiddetti “impianti speciali“, allarme, videosorveglianza, rete dati, automazione. 

Un aspetto nuovo e molto importante riguarda le ultime tecnologie dell’intrattenimento, infatti le nuove console e le nuove TV non disdegnano di una buona connessione di rete e di un buon impianto di diffusione sonora. Un altro aspetto di rilievo è quello che riguarda la sicurezza dei beni e delle persone,  prevedendo, ove possibile, l’installazione di sensori di gasmonossido di carbonio e allagamento, collegati a dispositivi segnalatori, tipo targhe, ed attuatori, tipo elettrovalvole per la chiusura delle forniture di acqua e gas. La partecipazione dell’utente durante la realizzazione del progetto è essenziale poiché il progettista deve conoscere in anticipo il numero, il tipo di utenze installate e le abitudini del committente, in modo da poter  dimensionare l’impianto in base alla potenza impegnata e alla contemporaneità di impiego delle utenze. Bisogna anche tener conto della disposizione degli arredi, così da poter  posizionare correttamente interruttori e prese, limitando  quelle fastidiose ed onerose variazioni in corso d’opera.

Opere murarie

Dopo la fase di progettazione, si passerà, attraverso l’utilizzo di apposite bombolette spray, alla segnatura dell’impianto sui muri dell’appartamento, in modo da dare al muratore delle linee guida per la realizzazione delle tracce che dovranno contenere il centralino , i tubi corrugati, le scatole di derivazione e le scatole per interruttori e prese.

Centralino

E’ la scatola che servirà a contenere il nostro quadro elettrico, esiste sia da incasso che da esterno, le dimensioni dipendono dal numero di moduli che si prevede di installare, io consiglio  di prenderlo sempre un po’ più grande, in modo da poter ampliare l’impianto senza troppi problemi.

Tubi corrugati

Sono tubi flessibili in PVC e servono a contenere i cavi del nostro impianto elettrico, ne esistono di vari colori e generalmente si fa corrispondere ogni colore ad una tipologia di impianto, es: nero per l’impianto elettrico, verde per l’allarme, grigio per i telefoni ecc.. Le dimensioni del tubo corrugato vanno dal diametro di 16 al 63 (per applicazioni particolari), io nei miei lavori evito quasi sempre il 16 e cerco, ad impianto finito,  di lasciare uno o due corrugati liberi per ogni scatola (non si può mai sapere).

Scatole di derivazione

Sono le scatole sulle quali arrivano i tubi corrugati,  possono essere usate sia come punti di transito verso altre scatole che per contenere le giunte del nostro impianto elettrico. Le norme impongono di non usare la stessa scatola per diverse tipologie di impianto, salvo l’impiego di  setti separatori o di cavi con un adeguato grado di isolamento.

Scatole per interruttori/prese

Sono le scatole che contengono i “Frutti“,  cioè prese e interruttori,  non possono essere usate per contenere  giunte o  punti di transito verso le altre scatole. La misura piu usata è la 503, che puo’ contenere tre frutti,  ma esiste anche la 504 (che ne contiene 4), e la 506 (Che ovviamente ne contiene 6). Ultimamente queste scatole vengono usate anche per contenere moduli per la domotica o per la climatizzazione

Cablaggio

La fase del cablaggio dell ‘impianto elettrico consiste nell’infilare i cavi all’interno dei corrugati e nell’esecuzione delle connessioni all’interno del centralino e nelle scatole di derivazione. I cavi devono essere di sezione adeguata e sia le scatole che i corrugati non devono essere riempiti oltre il 50% della loro capienza, inoltre le scatole devono essere accessibili e i cavi sfilabili.

Cablaggio centralino

Dal punto di fornitura si arriva ai morsetti d’ingresso di un interruttore differenziale magnetotermico “Generale“, da qui si riparte verso gli altri interruttori magnetotermici ( o magnetotermici differenziali), che alimentano i vari “Circuiti“. Gli impianti standard vengono realizzati con due soli  circuiti, uno per la luce e uno per le prese, questo va bene per appartamenti di piccole dimensioni, in abitazioni più’ grandi, invece, sarebbe meglio  prevedere più circuiti es: condizionatori, elettrodomestici, impianti speciali ecc.. In un impianto elettrico dotato di più circuiti  di alimentazione  i disagi dovuti ai guasti sono molto limitati ed anche la ricerca del guasto stesso risulta molto più veloce ed intuitiva. Da qualche anno si trovano sul mercato degli interruttori a riarmo automatico, il vantaggio dei “Restart” è che se scattano, magari a causa di una avaria temporanea, sono in grado di fare una analisi del circuito e, se ritengono che tutto  è apposto, di riarmarsi automaticamente.

Primo soccorso

La prima cosa da fare in caso di folgorazione è senza dubbio quella di verificare visivamente e nel più breve tempo possibile che il salvavita sia scattato, in caso contrario interrompere la corrente agendo sull’interruttore centrale. Se non si riesce a interrompere la corrente si può provare a staccare la vittima servendosi di un bastone di legno asciutto  o di qualsiasi altro materiale purché  isolante,  mai un oggetto metallico. Se proprio si deve agire con le mani, cercare quantomeno di isolarsi dal pavimento, in assenza di scarpe con suola di gomma si può provare a mettere sul pavimento del materiale isolante.

La vittima in stato di incoscienza va fatta sdraiare supina (sulla schiena), si deve controllare subito se respira e se il cuore pulsa. Se il polso e il respiro sono presenti sarà sufficiente cercare di far rinvenire la vittima spruzzandogli dell’acqua sul viso. In caso di arresto cardiaco e di blocco della respirazione si deve procedere alla cosiddetta respirazione artificiale bocca a bocca, accompagnata dal massaggio cardiaco. Chiamare al più presto l’ambulanza o un medico o, se le condizioni della vittima lo permettono, portare il paziente al pronto soccorso.

Cose da non fare

  • Toccare con le mani la vittima se questa è ancora sotto tensione.
  •  Far rialzare a forza la vittima. Si deve aspettare che riprenda le forze lasciandola sdraiata, meglio se coperta e isolata dal terreno.
  •  Cercare di somministrare alla vittima alcol o farmaci di qualsiasi genere.
  •  Non rivolgersi al medico se c’è stata una perdita di conoscenza.
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