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Sistemi di rilevazione incendio

Io scopo di un sistema fisso di rivelazione incendio è quello di individuare e segnalare, nel minor tempo possibile, una condizione d’allarme incendio in modo da favorire un tempestivo esodo delle persone, degli animali, nonché lo sgombero di beni e l’attivazione dei piani di intervento e dei dispositivi di sicurezza e protezione antincendio.

I sistemi fissi di rivelazione incendio si dividono in automatici e manuali. Nel caso dei sistemi fissi automatici la condizione d’allarme viene rilevata grazie a dei sensori specializzati in grado di misurare le variazioni fisiche causate dalla presenza di un incendio (fumo, temperatura ecc..). I sistemi manuali, invece, sono costituiti da pulsanti e servono ad inviare una segnalazione d’allarme quando questa è rilevata dall’uomo. In entrambi i casi la segnalazione viene inviata ad una centrale d’allarme che ha il compito di segnalare l’allarme sia localmente, mediante l’attivazione di allarmi acustici e/o luminosi, che remotamente, magari attraverso un combinatore telefonico. L’altro compito della centrale è quello di attivare i sistemi di protezione come gli splinker o le porte tagliafuoco.

Criteri generali di progettazione.

Estensione della sorveglianza

Le aree sorvegliate devono essere interamente tenute sotto controllo dal sistema di rivelazione. 

All’interno di un’area sorvegliata, devono essere direttamente sorvegliate dai rivelatori anche le seguenti parti:

  • Locali tecnici di elevatori, ascensori e montacarichi, condotti di trasporto e comunicazione, nonché vani corsa degli elevatori, ascensori e montacarichi;
  • Cortili interni coperti;
  • Cunicoli, cavedi e passerelle per cavi elettrici;
  • Condotti di condizionamento dell’aria, e condotti di aerazione e di ventilazione;
  • Spazi nascosti sopra i controsoffitti e sotto i pavimenti sopraelevati.

Possono non essere sorvegliate dai rivelatori le seguenti parti, qualora non contengano sostanze infiammabili, rifiuti, materiali combustibili e cavi elettrici, ad eccezione, per questi ultimi, di quelli strettamente indispensabili all’utilizzazione delle parti medesime:

  • Piccoli locali utilizzati per servizi igienici, a patto che essi non siano utilizzati per il deposito di materiali combustibili o rifiuti;
  • Condotti e cunicoli con sezione minore di 1 mq, a condizione che siano correttamente protetti contro l’incendio e siano opportunamente compartimentati;
  • Banchine di carico scoperte (senza tetto);
  • Spazi nascosti, compresi quelli sopra i controsoffitti e sotto i pavimenti sopraelevati, che abbiano altezza minore di 800 mm, una superficie non maggiore di 100 mq, dimensioni lineari non maggiori di 25 m, e siano totalmente rivestiti all’interno con materiale di classe Al e Al FL secondo la UNI EN 13501-1,
  • Non contengano cavi che abbiano a che fare con sistemi di emergenza (a meno che i cavi non siano resistenti al fuoco per almeno 30 min secondo la CEI EN 50200);
  • Vani scale compartimentati;
  • Vani corsa di elevatori, ascensori e montacarichi purché facciano parte di un compartimento sorvegliato dal sistema di rivelazione.

Suddivisione dell’area in zone

  • L’area sorvegliata deve essere suddivisa in zone, in modo che quando un rivelatore interviene sia possibile individuarne facilmente la zona di appartenenza;
  • Le zone devono essere delimitate in modo che sia possibile localizzare rapidamente e senza incertezze il focolaio d’incendio;
  • Ciascuna zona deve comprendere non più di un piano del fabbricato, con l’eccezione dei seguenti casi: vani scala, vani di ascensori e montacarichi, edifici di piccole dimensioni anche se a più piani ciascuno dei quali può costituire un’unica zona distinta;
  • La superficie a pavimento di ciascuna zona non deve essere maggiore di 1600 mq;
  • Più locali non possono appartenere alla stessa zona, salvo quando siano contigui e se il loro numero non è maggiore di 10, la loro superficie complessiva non è maggiore di 600 mq e gli accessi danno sul medesimo disimpegno; oppure il loro numero non è maggiore di 20, la loro superficie complessiva non è maggiore di 1000 mq e in prossimità degli accessi sono installati segnalatori ottici di allarme chiaramente visibili, che consentono l’immediata individuazione dei locale dal quale proviene l’allarme;
  • I rivelatori installati in spazi nascosti (sotto i pavimenti sopraelevati, sopra i controsoffitti, nei cunicoli e nelle canalette per cavi elettrici, nelle condotte di condizionamento dell’aria, di aerazione e di ventilazione, ecc.), devono appartenere a zone distinte;
  • Deve inoltre essere possibile individuare in modo semplice e senza incertezze dove i rivelatori sono intervenuti
  • Si deve prevedere localmente una segnalazione luminosa visibile;
  • Se una medesima linea di rivelazione serve più zone o più di 32 punti, la linea deve essere ad anello chiuso e dotata di opportuni dispositivi di isolamento, conformi alla UNI EN 54-17, in grado di assicurare che un corto circuito o una interruzione della linea medesima, non impedisca la segnalazione di allarme incendio per più di una zona;
  • In una zona possono essere compresi rivelatori sensibili a fenomeni differenti purché i rispettivi segnali siano univocamente identificabili alla centrale di controllo e segnalazione;
  • I punti di segnalazione manuale possono essere collegati ai circuiti dei rivelatori automatici purché i rispettivi segnali siano univocamente identificabili alla centrale di controllo e segnalazione;

Criteri di scelta dei rivelatori

I rivelatori devono essere conformi alla serie UNI EN 54. Nella scelta dei rivelatori devono essere presi in considerazione i seguenti elementi:

  • Le condizioni ambientali (moti dell’aria, umidità, temperatura, vibrazioni, presenza di sostanze corrosive, presenza di sostanze infiammabili che possono determinare rischi di esplosione, ecc.), e la natura dell’incendio nella sua fase iniziale, mettendole in relazione con le caratteristiche di funzionamento dei rivelatori, dichiarate dal fabbricante e attestate dalle prove;
  • La configurazione geometrica dell’ambiente in cui i rivelatori operano;
  • Le funzioni particolari richieste al sistema (per esempio: azionamento di una installazione di estinzione d’incendio, esodo di persone, ecc.).

Criteri generali di installazione

Generalità

I rivelatori devono essere installati in modo che possano individuare ogni tipo d’incendio prevedibile nell’area sorvegliata fin dal suo stadio iniziale e in modo da evitare falsi allarmi. La determinazione del numero di rivelatori necessari e della loro posizione deve essere effettuata in funzione di:

  • Tipo di rivelatori;
  • Superficie e altezza del locale;
  • Forma del soffitto o della copertura quando questa costituisce il soffitto;
  • Condizioni di aerazione e di ventilazione naturale o meccanica del locale;
  • In ciascun locale deve essere installato almeno un rivelatore.

Criteri di installazione

Per i locali a soffitto (o copertura) inclinati valgono le seguenti prescrizioni aggiuntive:

  • Nei locali con soffitto inclinato formante un angolo con l’orizzontale maggiore di 20° si devono installare in ogni campata una fila di rivelatori nel piano verticale passante per la linea di colmo nella parte più alta del locale;
  • Nei locali con copertura a shed o con falda trasparente si devono installare in ogni campata una fila d rivelatori dalla parte in cui la copertura ha pendenza minore, ad una distanza orizzontale di almeno 1 m dal piano verticale passante per la linea di colmo;
  • La distanza tra i rivelatori e le pareti del locale sorvegliato non deve essere minore di 0,5 m, a meno che siano installati in corridoi, cunicoli, condotti tecnici o comunque ambienti aventi larghezza minore di 1 m;
  • Devono esserci almeno 0,5 m tra i rivelatori e la superficie laterale di correnti o travi, posti al disotto del soffitto, oppure di elementi sospesi, se lo spazio compreso tra il soffitto e tali strutture o elementi è minore di 15 cm;
  • I rivelatori devono essere sempre installati e fissati direttamente sotto il soffitto (o copertura), del locale sorvegliato;
  • L’altezza massima di montaggio dei rivelatori rispetto al pavimento deve essere < 8 m;
  • Nessuna parte di macchinario e/o impianto e l’eventuale materiale in deposito deve trovarsi a meno di 0,5 m a fianco e al disotto di ogni rivelatore;
  • In locali dotati di pavimento galleggiante l’altezza della trave deve essere misurata dalla superficie superiore del pavimento;
  • I rivelatori, ad eccezione di quelli posti a sorveglianza di oggetto, non devono essere installati dove possono venire investiti direttamente dal flusso d’aria immesso dagli impianti di condizionamento, aerazione e ventilazione. Qualora l’aria sia immessa nel locale attraverso soffitti a pannelli forati, ciascun rivelatore deve essere protetto dalla corrente d’aria otturando almeno tutti i fori posti entro il raggio di 1 m attorno al rivelatore stesso;
  • Per l’installazione dei rivelatori di calore a soglia di temperatura elevata (vedere UNI EN 54-5), quando non possono essere applicate le specificazioni della presente norma, si deve tenere conto delle indicazioni fornite dal fabbricante.

Nei locali con soffitto (o copertura) a correnti o a travi in vista i rivelatori devono essere installati all’interno dei riquadri delimitati da detti elementi tenendo conto delle seguenti eccezioni:

  • qualora l’elemento sporgente abbia una altezza <5% rispetto all’altezza massima del locale, si considera come soffitto piano;
  • qualora l’altezza massima degli elementi sporgenti sia maggiore del 30% dell’altezza massima del locale, il criterio di ripartizione dei rivelatori nei riquadri non si applica e ogni singolo riquadro viene considerato come locale a sé stante.

Se la configurazione del soffitto è tale da formare una serie dì piccole celle (soffitto a nido d’ape), allora, nei limiti del raggio di copertura stabilito, un singolo rivelatore puntiforme può coprire un gruppo di celle.

Il volume interno (V) delle celle coperto da un singolo rivelatore non deve superare:

– V= a (H – h)

dove:

– a è una costante dimensionale pari a 4 mq;

– H è l’altezza del locale, in metri;

– h è la profondità (altezza) della trave, in metri.

R.E.I.

Quando si parla di prevenzione incendi si fa spesso riferimento alla resistenza al fuoco. La resistenza al fuoco di una struttura dipende da tre parametri quali:

  • Stabilità R, ovvero la resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco;
  • Tenuta E, ovvero la capacità di non lasciar passare fiamme, vapori o gas caldi;
  • Isolamento termico I, ovvero la riduzione della trasmissione del calore;

Quindi una struttura caratterizzata da un certo grado di resistenza al fuoco potrà essere classificata con la sigla R, RE, oppure REI, accompagnata da un numero che indica il tempo, in minuti,  di resistenza presunta.

Le strutture più comunemente utilizzate sono le porte, le finestre e le serrande tagliafuoco, vengono impiegate come protezioni passive che hanno lo scopo di ridurre la diffusione di fiamme o di fumo tra compartimenti, in modo da assicurare un’uscita sicura da un edificio/struttura.

Porte e finestre taglia fuoco

Una porta tagliafuoco (in inglese fire door), è una porta che, considerata la sua elevata resistenza al fuoco, ha la possibilità di isolare le fiamme in caso di incendio. Le porte tagliafuoco certificate sono testate per fronteggiare un fuoco per un periodo specifico di tempo, esistono porte tagliafuoco certificate per 30, 60, 90 e 120 minuti. La certificazione risulta valida solo se tutte le parti dell’installazione sono eseguite nel rispetto delle specifiche, per esempio il montaggio di un tipo sbagliato di vetri può ridurre fortemente il tempo di resistenza al fuoco della porta. 

Molte porte tagliafuoco sono disegnate per essere tenute chiuse tutto il tempo, altre invece, sono disegnate per essere aperte durante le normali circostanze e chiuse automaticamente durante un incendio. Qualunque metodo sia in uso, il movimento della porta non dovrebbe mai essere bloccato da un chiudiporta o altro ostacolo. Il sigillo a intumescenza e antifumo deve essere verificato di routine e allo stesso modo la chiusura e il bloccaggio della porta. 

Alcune porte tagliafuoco sono tenute aperte con un elettromagnete che può essere collegato ad un sistema di allarme antincendio. Se il sistema elettrico cade o se si attiva l’allarme antincendio, il blocco magnetico della porta viene disattivato e la porta si chiude automaticamente. Allo stesso modo blocchi alla porta a batteria o wireless possono essere usati legalmente e in sicurezza per lasciare la porta aperta.

Finestre antincendio

Le finestre antincendio devono rimanere intatte in condizioni di incendio e resistere all’impatto di getti fluidi.

Possono includere:

  • reti metalliche fuse nel vetro;
  • silicato di sodio liquido tra i due pannelli di vetro;
  • vetro ceramico;
  • vetro borosilicato;
  • Il vetro armato resiste tipicamente al fuoco, mentre il silicato di sodio liquido permette di isolare il trasferimento di calore attraverso l’azione endotermica di questa sostanza chimica.

Serrande tagliafuoco

La serranda tagliafuoco è un componente d’impianto atto ad impedire, in caso di incendio, la propagazione del fuoco attraverso una rete di ventilazione e condizionamento. Le normative ne richiedono l’installazione su tutte le aperture di un compartimento tagliafuoco quali canali, prese d’aria, ecc.. per mantenere costanti le capacità protettive “REI” (Resistenza Emissione Isolamento definiti nel 1961 dalla Circolare 91 del Ministero dell’Interno) della struttura muraria. La serranda tagliafuoco deve per legge essere in grado di resistere ad un incendio per un periodo di tempo determinato (da qui le diverse classificazioni REI delle serrande) e deve avere un meccanismo che ne garantisca la chiusura meccanica immediata.

Generalmente una serranda tagliafuoco è costituita da:

  • cassa in acciaio zincato o in silicato di calcio;
  • pala con asse di rotazione orizzontale realizzata in cartongesso o silicato di calcio;
  • meccanismo di chiusura automatica della pala;
  • microinterruttori per lettura posizione remota della posizione della pala.

Estinzione incendi

Per avviare e mantenere un processo di combustione è necessaria la presenza di combustibile, comburente e temperatura, questi tre elementi formano il cosiddetto “triangolo del fuoco”. In assenza di uno degli elementi la combustione, e quindi l’incendio, non può avere luogo. La maggior parte delle tecniche di estinzione degli incendi si attuano mediante la sottrazione di uno di questi tre elementi;

  • Combustibile: sottrarre il combustibile al fuoco significa allontanare dall’incendio tutti i materiali infiammabili non ancora combusti;
  • Comburente: il comburente è costituito dall’ossigeno presente nell’aria, per sottrarre ossigeno bisogna soffocare il fuoco con delle coperte o con degli estintori;
  • Temperatura: uno dei metodi più comuni per abbassare la temperatura di un incendio è quello di raffreddare il combustibile mediante l’utilizzo di getti d’acqua frazionata;

Classi di fuoco

Gli incendi si differenziano per il tipo di combustibile da cui sono alimentati, per questo motivo il CEN (Comitato Europeo Normalizzazione) ha suddiviso il fuoco in varie classi che dipendono dal tipo di combustibile e che hanno lo scopo di indicare le tecniche di estinzione e le sostanze estinguenti più idonee a domare l’incendio.

  • Incendi di classe A: materiali solidi, legnami, carta, tessuti, gomma e derivati;
  • Incendi di classe B: materiali liquidi come alcoli, solventi, oli minerali, eteri, benzine; 
  • Incendi di classe C: gas infiammabili come metano, acetilene, propano;
  • Incendi di classe D: metalli infiammabili come magnesio, potassio sodio; 
  • Incendi di classe E: apparecchiature elettriche, trasformatori, alternatori, quadri elettrici (questa classe non è contemplata nelle nuove norme);
  • Incendi di classe F: olio da cucina e grassi vegetali o animali.

Estintori

Usare un tipo di estinguente non adatto può avere come conseguenza il peggioramento della situazione e può essere molto rischioso per l’utilizzatore, per questo motivo ogni estintore è dotato di una targhetta sulla quale vengono riportate le classi di fuoco su cui può essere utilizzato (vedi tabella).

 
Sostanza estinguente
Tipo Uso Classe
Acqua, vapore Dirigere il getto alla base delle fiamme A,C
Schiuma Far cadere dall’alto la schiuma sulle fiamme A,B,F
Polvere Dirigere il getto alla base delle fiamme A,B,C
Polveri speciali Dirigere il getto alla base delle fiamme D
Anidride carbonica, azoto

Dirigere il getto il più possibile vicino al fuoco

A,C,E
Gas alogenati Dirigere il getto alla base delle fiamme

A,B,C

Sprinkler (Sorgente Wikipedia)

Lo sprinkler (letteralmente “spruzzatore” in inglese) è un sistema automatico di estinzione a pioggia; ha lo scopo di rilevare la presenza di un incendio e di controllarlo in modo che l’estinzione possa essere completata con altri mezzi, oppure di estinguerlo nello stadio iniziale (impianti ESFR = Early Suppression Fast Response).

Un sistema sprinkler comprende un’alimentazione idrica e una rete di tubazioni, solitamente posizionate a livello del soffitto o della copertura, alla quale sono collegati, con opportuna spaziatura, degli ugelli erogatori chiusi da un elemento termosensibile. In caso d’incendio, il calore sviluppato provoca l’apertura degli erogatori che si trovano direttamente sopra l’area interessata e conseguentemente la fuoriuscita di acqua in goccioline che permette il rapido controllo dell’incendio con il minimo dei danni.

In molte situazioni è sufficiente l’attivazione di meno di quattro sprinkler per spegnere l’incendio. In scenari con incendi che si sviluppano rapidamente (ad esempio in caso di versamento di liquidi infiammabili), possono essere necessari fino a dodici sprinkler per il controllo dell’incendio.

Sistemi a secco

I sistemi sprinkler a secco sono quelli in cui le tubazioni sono riempite con aria in pressione anziché acqua. Un’apposita valvola di controllo, detta “valvola a secco”, viene posizionata in un’area riscaldata ed evita l’ingresso dell’acqua fino a quando un incendio provoca l’attivazione degli sprinkler. Con l’apertura degli erogatori l’aria fuoriesce e la valvola a secco si apre. Solo in quel momento l’acqua entra nelle tubazioni e viene erogata tramite gli sprinkler sull’incendio in atto. Il principale vantaggio dei sistemi sprinkler a secco è che consentono di proteggere quegli spazi non riscaldati o refrigerati dove i sistemi ad umido potrebbero non funzionare a causa del congelamento dell’acqua all’interno dei tubi.

Sistemi a preallarme

I sistemi sprinkler a preallarme utilizzano il concetto base dei sistemi a secco: le tubazioni sono riempite con aria non in pressione e non con acqua. La differenza consiste nel fatto che l’apertura della valvola di controllo è comandata da un impianto di rivelazione incendi separato. Affinché l’acqua venga scaricata occorre quindi un doppio consenso (apertura dell’erogatore e intervento dell’impianto di rivelazione). Questi sistemi vengono utilizzati in quei casi dove si temono gravi danni da bagnamento come conseguenza della rottura accidentale di un erogatore o di un tubo. Il vantaggio principale dei sistemi a preallarme è la duplice azione richiesta per il rilascio dell’acqua: l’apertura della valvola di preallarme (comandata dal sistema di rivelazione) e l’apertura degli erogatori sprinkler.

Sistemi a diluvio

I sistemi sprinkler a diluvio hanno erogatori privi del tappo e dell’elemento termosensibile e l’acqua è mantenuta a monte di un’apposita valvola la cui apertura è comandata da un sistema di rivelazione incendi separato. A differenza di quanto avviene in un impianto sprinkler con erogatori chiusi l’acqua viene scaricata contemporaneamente da tutti gli erogatori.

Incendio

Una combustione fuori controllo, il più delle volte, degenera in un incendio; l’incendio è un evento catastrofico e se non viene individuato ed estinto, nel minor tempo possibile, può arrecare ingenti danni all’ecosistema, alle infrastrutture e, nella peggiore delle ipotesi, alle persone. Le cause che possono favorire l’insorgere di un incendio sono diverse e possono essere:

  • Di origine naturale, come i fulmini o le eruzioni vulcaniche;
  • Di origine accidentale, ad esempio dovute al cattivo funzionamento di apparecchiature elettriche;
  • Di origine dolosa, è il caso dei piromani o degli incendi a scopo intimidatorio;
  • Dovute all’incuria, cicche di sigaretta in mezzo alle sterpaglie, braceri lasciati accesi ecc..
  • Inosservanza delle procedure di sicurezza mentre si eseguono lavori in presenza di materiali infiammabili o esplosivi.
  • Innalzamento della temperatura dovuto alla compressione dei gas;
  • Reazioni chimiche in genere.

Effetti dell’incendio sull’uomo;

Gli effetti negativi sulla salute dell’uomo sono causati dai prodotti della combustione quali:

  • Fiamme: Le fiamme sono il principale veicolo attraverso il quale si propaga l’incendio, il contatto diretto con le fiamme e il calore da esse irradiato possono provocare gravi ustioni.
  • Calore: Le elevate temperature rilevabili in prossimità di un incendio possono provocare stress da calore, disidratazione ed edemi.
  • Fumi e particelle: Il fumo produce un effetto irritante degli occhi e delle vie respiratorie, riduce la visibilità con ostacolo per la evacuazione e per l’intervento dei soccorsi.
  • Gas e vapori: I gas prodotti in una combustione possono essere tossici sia in relazione ai materiali coinvolti sia in relazione alla quantità di ossigeno presente nel luogo dell’incendio.
  • Carenza d’ossigeno: La concentrazione dell’ossigeno nell’aria, per effetto della combustione, può scendere sotto il 21% della normalità. Alla diminuzione si associano via via, difficoltà di movimento, abbassamento capacità valutativa, collasso ed asfissia.

Combustione

La combustione e i suoi effetti

La combustione è una reazione chimica che consiste nell’ossidazione di una sostanza combustibile da parte di una sostanza comburente. Le sostanze combustibili sono svariate e si possono trovare allo stato solido, legno, carbone, carta, allo stato liquido, petrolio, benzine, solventi, e allo stato gassoso, propano, butano ecc.. La sostanza comburente per eccellenza è l’ossigeno, presente nell’atmosfera con una concentrazione del 21%. L’enorme diffusione dei materiali combustibili e la presenza, praticamente costante, del comburente fanno si che qualsiasi luogo possa essere considerato a rischio d’incendio. Fortunatamente, la sola presenza del combustibile e del comburente non è sufficiente ad innescare la reazione di combustione, infatti per dare inizio a tale fenomeno devono necessariamente verificarsi una serie di circostanze. La prima condizione da soddisfare è quella legata al campo di infiammabilità tipico di ogni sostanza combustibile; in pratica per ogni materiale combustibile esiste una tabella dove vengono riportati i valori percentuali limite, inferiore e superiore, entro i quali la miscela combustibile/comburente può dar luogo ad una combustione, al di sotto o al di sopra di tali valori la combustione non avviene. L’altra condizione fondamentale è la temperatura; per avviare una combustione bisogna che il materiale combustibile raggiunga una certa temperatura, l’aumento della temperatura può essere generato da una scintilla, da una fiamma, per sfregamento o da una reazione chimica, una volta avviata la combustione sarà essa stessa a generare il calore necessario al proprio sostentamento. Combustibile, comburente e temperatura, sono gli elementi che costituiscono il cosiddetto “triangolo del fuoco“, in assenza di uno di questi tre elementi la combustione non può aver luogo, si tenga presente, infatti, che la maggior parte delle tecniche di estinzione degli incendi consistono proprio nel sottrarre al fuoco uno di questi tre elementi.

Due modi particolari attraverso cui è possibile innescare una combustione sono: l’autocombustione e l’autoaccensione;

  • L’autocombustione si ha quando la temperatura di un materiale combustibile, miscelato con un’adeguata percentuale di ossigeno, viene innalzata fino al punto di farlo bruciare spontaneamente, cioè senza che l’innesco sia stato causato da una fiamma o da una scintilla.
  • L’autoaccensione si ha quando una sostanza brucia senza l’apporto di energia dall’esterno, in questo caso infatti, magari a seguito di una forte reazione chimica, la temperatura del combustibile si innalza spontaneamente fino al punto di avviare una combustione.

Prodotti della combustione

Durante il processo di combustione parte del materiale combustibile si trasforma in gas e vapori, la natura e la quantità di questi gas dipendono dal tipo di combustibile e dalle condizioni in cui la reazione avviene. Ad esempio, la combustione del carbone genererà vapore acqueo e anidride carbonica, in ambienti caratterizzati da un’elevata presenza di ossigeno, oppure fumo e monossido di carbonio in ambienti scarsamente ossigenati. I fenomeni a cui generalmente si assiste durante una combustione sono l’emissione di fiamme, di gas, di fumo e, naturalmente, di calore. La presenza di questi fenomeni influenza l’ambiente circostante e può essere rilevata da dei sensori specializzati collegati ad un sistema di rivelazione incendi.

Fiamme

L’energia generata dal processo di combustione viene dissipata mediante la produzione di calore e di onde elettromagnetiche. Parte delle onde elettromagnetiche prodotte sono nello spettro del visibile e danno vita alle fiamme che oltre ad essere l’indice più evidente della presenza di una combustione in atto, sono anche il maggior veicolo attraverso il quale si propaga l’incendio. In qualche caso si può avere una combustione senza la presenza di fiamme visibili, questo avviene perché le onde elettromagnetiche prodotte non rientrano nell’intervallo dello spettro della luce visibile, ma ricadono in quello dell’infrarosso o in quello dell’ultravioletto.

Gas e Vapori

Durante il fenomeno della combustione vengono prodotti dei gas la cui nocività dipende dal tipo di materiale combustibile e dalla quantità di ossigeno presente nell’aria. I gas comunemente prodotti sono il vapore acqueo, l’anidride carbonica e il monossido di carbonio, altri gas altamente nocivi sono l’idrogeno solforato, l’acido cianidrico, l’ossido di azoto, l’ammoniaca, l’anidride solforosa, ecc.. Tra questi, il gas che miete più vittime è senza dubbio il monossido di carbonio, il monossido non è presente in natura e nasce a seguito di una combustione con scarsa presenza di ossigeno, è un gas molto insidioso in quanto è inodore, incolore e si lega benissimo con l’emoglobina del sangue impedendogli di rilasciare ossigeno ai tessuti, lo scarso apporto di ossigeno crea degli stati di incoscienza e porta, in breve tempo, alla morte per asfissia.

Fumo

I gas e i vapori prodotti dalla combustione hanno una temperatura molto elevata e per questo motivo tendono a risalire molto rapidamente verso l’alto, durante questo moto di risalita trascinano anche delle finissime particelle di materiale incombusto dando vita al fenomeno meglio conosciuto sotto il nome di fumo. Un esempio di fumo è quello formato da particelle di carbonio o da composti organici non bruciati completamente. Quando i componenti di fumi caldi condensano su oggetti più freddi, come le pareti dei comignoli o delle ciminiere, il risultato, se formato principalmente da carbonio, è chiamato “fuliggine” o “nero fumo”. In base al tipo di combustibile il fumo può assumere diverse colorazioni, quindi potremmo avere fumi di colorazione bianca (elevato contenuto di vapore acqueo), neri ( combustione di materiale plastiche), o grigi (mix dei due).

I rischi principali derivanti dalla presenza del fumo sono:

  • Ridotta visibilità; la visibilità ridotta rende difficile l’allontanamento dalla zona interessata dall’incendio e rallenta l’intervento del personale di soccorso.
  • Panico; la ridotta visibilità e la conseguente difficoltà nel trovare delle vie di fuga favoriscono l’insorgenza del panico, specie tra le persone che non conoscono l’edificio.
  • Irritazioni agli occhi e alle vie aeree; il fumo è carico di gas nocivi ad elevate temperature e di particelle finissime incombuste, questi composti irritano gli occhi e le vie respiratorie.
  • Gravi danni all’organismo; l’inalazione prolungata dei gas presenti nel fumo può portare ad una rapida perdita di coscienza e alla morte per asfissia.

CPI

Certificato prevenzione incendi

Il CPI (Certificato Prevenzione Incendi) è un documento che certifica che una determinata attività viene svolta nel rispetto delle normative antincendio. Il CPI deve essere richiesto mediante presentazione della documentazione prevista per legge al comando dei Vigili del fuoco, nel momento in cui si avvia un’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi. Le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi sono elencate nell’allegato I del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, in tale allegato le attività vengono suddivise in tre categorie  A, B e C, in relazione alla dimensione dell’impresa, al settore di attività, all’esistenza di specifiche regole tecniche, alle esigenze di tutela della pubblica incolumità. La documentazione da presentare e l’iter da seguire, per richiedere ed ottenere il CPI, variano in base alla categoria di appartenenza dell’attività per cui viene effettuata la richiesta.

Di seguito verranno descritte quelle che, a mio avviso, sono le parti didatticamente più rilevanti del Decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151.

D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151.

Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (G.U. 22 settembre 2011, n. 221).

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Art. 2. Finalità ed ambito di applicazione

  1. Il presente regolamento individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e disciplina, per il deposito dei progetti, per l’esame dei progetti, per le visite tecniche, per l’approvazione di deroghe a specifiche normative, la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che, in base alla vigente normativa, sono attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  2. Nell’ambito di applicazione del presente regolamento rientrano tutte le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi riportate nell’Allegato I del presente regolamento.
  3. Le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi si distinguono nelle categorie A, B e C, come individuate nell’Allegato I in relazione alla dimensione dell’impresa, al settore di attività, alla esistenza di specifiche regole tecniche, alle esigenze di tutela della pubblica incolumità.

***************omissis***************

Art. 4. Controlli di prevenzione incendi

  1. Per le attività di cui all’Allegato I del presente regolamento, l’istanza di cui al comma 2 dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è presentata al Comando, prima dell’esercizio dell’attività, mediante segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A), corredata dalla documentazione prevista dal decreto di cui all’articolo 2, comma 7, del presente regolamento. Il Comando verifica la completezza formale dell’istanza, della documentazione e dei relativi allegati e, in caso di esito positivo, ne rilascia ricevuta.
  2. Per le attività di cui all’Allegato I, categoria A e B, il Comando, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza di cui al comma 1, effettua controlli, attraverso visite tecniche, volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. I controlli sono disposti anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali, per categorie di attività o nelle situazioni di potenziale pericolo comunque segnalate o rilevate. Entro lo stesso termine, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio delle attività previsti dalla normativa di prevenzione incendi, il Comando adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti, ad eccezione che, ove sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione incendi detta attività entro un termine di quarantacinque giorni. Il Comando, a richiesta dell’interessato, in caso di esito positivo, rilascia copia del verbale della visita tecnica.
  3. Per le attività di cui all’Allegato I categoria C, il Comando, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza di cui al comma 1, effettua controlli, attraverso visite tecniche, volti ad accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi, nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Entro lo stesso termine, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio delle attività previsti dalla normativa di prevenzione incendi, il Comando adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti, ad eccezione che, ove sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa antincendio e ai criteri tecnici di prevenzione incendi detta attività entro un termine di quarantacinque giorni. Entro quindici giorni dalla data di effettuazione delle visite tecniche effettuate sulle attività di cui al presente comma, in caso di esito positivo, il Comando rilascia il certificato di prevenzione incendi.
  4. Il Comando acquisisce le certificazioni e le dichiarazioni attestanti la conformità delle attività di cui all’Allegato I alla normativa di prevenzione incendi, ai sensi del comma 4 dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
  5. Qualora il sopralluogo debba essere effettuato dal Comando nel corso di un procedimento di autorizzazione che prevede un atto deliberativo propedeutico emesso da organi collegiali, dei quali è chiamato a far parte il Comando stesso, si applicano i diversi termini stabiliti per tali procedimenti.
  6. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 del presente decreto in caso di modifiche che comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, l’obbligo per l’interessato di avviare nuovamente le procedure previste dal presente articolo ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

Art. 5. Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio

  1. La richiesta di rinnovo periodico di conformità antincendio che, ogni cinque anni, il titolare delle attività di cui all’Allegato I del presente regolamento è tenuto ad inviare al Comando, è effettuata tramite una dichiarazione attestante l’assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio corredata dalla documentazione prevista dal decreto di cui all’articolo 2, comma 7. Il Comando rilascia contestuale ricevuta dell’avvenuta presentazione della dichiarazione;
  2. Per le attività di cui ai numeri 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell’Allegato I, la cadenza quinquennale di cui al comma 1 è elevata a dieci anni.

Art. 6. Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività

  1. Gli enti e i privati responsabili di attività di cui all’Allegato I del presente regolamento, non soggette alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando nel certificato di prevenzione o all’atto del rilascio della ricevuta a seguito della presentazione della SCIA di cui all’articolo 4, comma 1, nonché di assicurare una adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio.
  2. I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione e l’informazione di cui al comma 1, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell’attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del Comando.

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Decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139

Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell’articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (G.U. 5 aprile 2006, n. 80)

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Art. 16. Certificato di prevenzione incendi

  1. Il certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi (comma così modificato dall’art. 12, comma 1, lettera e), d.P.R. n. 151 del 2011)
  2. Il certificato di prevenzione incendi è rilasciato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su istanza dei soggetti responsabili delle attività interessate. Resta fermo quanto previsto dalle prescrizioni in materia di prevenzione incendi a carico dei soggetti responsabili delle attività ed a carico dei soggetti responsabili dei progetti e della documentazione tecnica richiesta (comma così modificato dall’art. 12, comma 1, lettera e), d.P.R. n. 151 del 2011).
  3. In relazione ad insediamenti industriali ed attività di tipo complesso, il Comando provinciale dei vigili del fuoco può acquisire, ai fini del parere di conformità sui progetti, le valutazioni del Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, avvalersi, per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal Comitato stesso, nonché richiedere il parere del Comitato centrale tecnico scientifico di cui all’articolo 21.
  4. Il Comando provinciale dei vigili del fuoco, acquisisce dai soggetti responsabili delle attività di cui al comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni attestanti la conformità delle attività alla normativa di prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati ed iscritti, a domanda, in appositi elenchi del Ministero dell’interno. Il rilascio delle autorizzazioni e l’iscrizione nei predetti elenchi sono subordinati al possesso dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro dell’interno (comma così modificato dall’art. 12, comma 1, lettera e), d.P.R. n. 151 del 2011).
  5. Qualora l’esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti previsti dalle norme tecniche di prevenzione incendi, il Comando provinciale non provvede al rilascio del certificato, dandone comunicazione all’interessato, al sindaco, al prefetto e alle altre autorità competenti ai fini dei provvedimenti da adottare nei rispettivi ambiti. Le determinazioni assunte dal Comando provinciale sono atti definitivi.
  6. Indipendentemente dal periodo di validità del certificato di prevenzione incendi stabilito con il regolamento di cui al comma 1, l’obbligo di richiedere un nuovo certificato ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.
  7. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, sono dettate le disposizioni attuative relative al procedimento per il rilascio del certificato di prevenzione incendi. Esso disciplina inoltre: il procedimento per il rinnovo del certificato medesimo; il procedimento per il rilascio del provvedimento di deroga all’osservanza della normativa di prevenzione incendi, in relazione agli insediamenti, agli impianti e alle attività in essi svolte che presentino caratteristiche tali da non consentire l’integrale osservanza della normativa medesima; gli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività.
  8. Resta fermo quanto previsto al punto 28 dell’allegato A della legge 24 novembre 2000, n. 340.

Art. 17. Formazione

  1. Il Dipartimento e il Corpo nazionale promuovono la formazione nelle materie della prevenzione incendi e del soccorso pubblico, nonché la diffusione della cultura sulla sicurezza antincendio, anche attraverso seminari, convegni, cicli di formazione, collegamenti con le istituzioni, le strutture scolastiche, quelle universitarie, anche internazionali, e la comunità scientifica.
  2. In relazione alle esigenze connesse all’espletamento delle attività in materia di prevenzione incendi, di cui all’articolo 14, da parte dei tecnici dipendenti delle amministrazioni dello Stato, delle altre amministrazioni pubbliche, dei liberi professionisti e di ogni altro soggetto interessato, il Dipartimento e il Corpo nazionale definiscono, anche attraverso apposite convenzioni, i contenuti e le modalità per lo svolgimento, a pagamento, dell’attività formativa ed addestrativa in materia. Le attività di cui al presente comma sono svolte nei confronti delle Forze armate a seguito di richiesta dell’Amministrazione della difesa.
  3. Le attività didattiche e quelle di cui al comma 2 sono svolte dalla Direzione centrale per la formazione del Dipartimento e dalle strutture territoriali del Corpo nazionale. La Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica del Dipartimento fornisce le indicazioni attinenti alle esigenze e agli obiettivi del servizio di prevenzione incendi.
  4. Il Corpo nazionale assicura l’attività formativa del personale addetto ai servizi di sicurezza nei luoghi di lavoro di cui all’articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. In tale ambito, le attività per le quali è richiesta al Corpo nazionale la formazione e l’addestramento del personale addetto alla prevenzione, all’intervento antincendio e alla gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro sono in particolare quelle soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi ai sensi dell’articolo 16.
  5. Ai lavoratori designati dai datori di lavoro di cui all’articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, che hanno partecipato ai corsi di formazione svolti dal Dipartimento, dal Corpo nazionale o da enti pubblici e privati, è rilasciato, previo superamento di prova tecnica, un attestato di idoneità. Con decreto del Ministro dell’interno sono determinate le modalità della separazione delle funzioni di formazione da quelle di attestazione di idoneità.

Prevenzione incendi

Il fuoco è da sempre un elemento indispensabile per lo sviluppo e il benessere del genere umano, Il fuoco ha illuminato i primi villaggi, ha riscaldato le prime caverne e ha reso più buono e più salutare il cibo dei primi ominidi. Potremmo definire il fuoco come il più grande amico dell’umanità; purtroppo però, come spesso accade nella vita, non sempre è oro ciò che luccica. L’altra faccia della medaglia è costituita dalla propagazione involontaria ed incontrollata del fuoco, tale situazione il più delle volte degenera in un incendio e se non viene individuata e gestita nel minor tempo possibile può arrecare ingenti danni all’ecosistema, alle infrastrutture e, nella peggiore delle ipotesi, alle persone.

Le armi migliori per combattere gli incendi sono la prevenzione, la formazione e la tempestività.

La prevenzione si attua individuando tutti i luoghi ritenuti potenzialmente a rischio. Il rischio di un luogo è dato da diversi fattori: carico d’incendio, tipi di lavorazioni effettuate al suo interno (aziende petrolchimiche), valore dei beni contenuti (musei), numero di persone presenti (teatri, alberghi ospedali). Una volta individuati i luoghi bisogna che questi vengano realizzati con dei particolari accorgimenti architettonici atti a limitare i danni in caso d’incendio, ad esempio l’utilizzo di materiali ignifughi per gli arredi, cavi a bassa emissione e non propaganti la fiamma per gli impianti, installazione di porte e serrande REI, realizzazione di un numero adeguato di uscite di sicurezza ecc..

Formazione; Allo scopo di formare il personale che opera all’interno dei luoghi ritenuti a rischio le norme vigenti prevedono che:

  • All’interno dei luoghi a rischio sia realizzato, a cura del datore di lavoro o di un responsabile per la sicurezza, il piano di emergenza ed evacuazione;
  • Sia designato ed adeguatamente formato il personale addetto all’attuazione delle misure per la prevenzione incendi e lotta antincendio;
  • Vengano effettuate, con cadenza periodica, le prove di evacuazione ecc..

Un altro punto chiave nella lotta agli incendi è la tempestività, infatti le possibilità che un incendio venga domato sono tanto più alte quanto più breve è il tempo in cui esso viene individuato, per questo motivo nei luoghi considerati a rischio elevato è obbligatoria l’installazione di sistemi fissi automatici e manuali di rivelazione e segnalazione di allarme incendio e/o di impianti fissi di estinzione automatica.

Vista la delicatezza e la complessità dell’argomento prevenzione incendi, gli stati e gli enti normatori di moltissime nazioni, Italia inclusa, hanno sentito il dovere di emanare leggi e norme al fine di individuare i luoghi a rischio e di fornire delle linee guida per tutti coloro che si trovano coinvolti nella progettazione, realizzazione e manutenzione di tali luoghi.

Gli articoli successivi tratteranno in particolar modo dell’installazione e della manutenzione dei sistemi fissi automatici e manuali di rivelazione e segnalazione di allarme incendio, analizzandoli sia dal punto di vista tecnico che da quello normativo. Per ragioni di completezza verranno anche date delle brevi delucidazioni su argomenti periferici (porte rei, materiali ignifughi, dispositivi di estinzione, ecc..), importantissimi ai fini della prevenzione incendi, ma che poco hanno a che vedere con la corretta installazione e con il corretto funzionamento del sistema di rilevazione, il cui compito principale è quello di rilevare e segnalare, nel minor tempo possibile, una condizione d’incendio.

Buon proseguimento…..

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